Alberobello - Storia

Sindaci

Territorio

Brigantaggio

Il Trullo

Il Trullone di Paparale

La campagna

Orchidee

  Il Trullone di Paparale


















IL TRULLONE DI PAPARALE (o DI POPORANO)
Tommaso A. Galiani

Il grande trullo della seicentesca contrada di Poporano, attualmente detta Paparale, è un ulteriore esempio di come una tecnica costruttiva apparentemente rudimentale abbia consentito d'innalzare edifici di una certa imponenza. Esso è, infatti, lungo sedici metri, largo dieci e alto sette.
A pochi metri dal Calvario, in via Giovanni Girolamo, nella campagna prossima all'area urbana, il trullo presenta una pianta ellittica e una copertura insellata, similmente ai cosiddetti trulli siamesi del Rione Monti, ubicati nel centro storico di Alberobello.
Agli spessi muri portanti è addossato un gradone di contrafforte che forma un ballatoio perimetrale continuo, interrotto a nord-ovest dal frontone dell'ingresso e a sud-ovest da un ulteriore corpo sporgente coperto a conversa.
Un atto notarile del 3 marzo 1648 cita quest'azienda rurale di oltre sette ettari e mezzo, ubicata per l'appunto in contrada Poporano, confinante con quella di un certo Antonio Albanese a sud e con un'altra di Giacinto de Leonardo.
Si tratta del lascito testamentario dell'allora proprietario, Francesco Antonio Rodio, a favore del figliastro Francesco di Giovanni Longo da Castellana, fl documento, stilato dal notaio castellanese Vincenzo de Leone all'interno della vicina casella, non fa cenno ad alcun luogo di culto in loco, ma rimanderebbe indirettamente solo alla vicinanza con la più antica chiesa urbana di San Cosmo, dove il moribondo sillabante chiedeva di essere sepolto.
A quindici anni dal testamento, una visita pastorale dell'arciprete di Noci, don Antonio Tintis (1660-1683), descrive la chiesetta dei Santi Medici ancora come isolata rispetto al centro abitato, voltata a botte e con il noto dipinto raffigurante la Madonna di Loreto con i due Santi anargiri, sull'unico altare presente. Nulla viene detto circa l'ipotizzata cappella all'interno del palazzo comitale e tantomeno di un luogo di culto presente in questa contrada.
Per un'evidente alterazione dialettale dell'antico toponimo seicentesco, la contrada a fine Settecento era denominata ancora Poporale o Puporale e, nonostante ciò, seppur la deduzione non risultasse supportata da elementi documentaristici, lo storico locale Giuseppe Notarnicola (1883-1957) nel 1940 scriveva: E' tradizione che questo trullo - di età indeterminata ma vetusta - fosse un oratorio; ipotesi che il nome del luogo, di greca derivazione, pare confermarci, significando appunto dimora di sacerdote.
L'ipotesi di Notarnicola, esclusa anche dai recenti studi dello storico Giovanni Liuzzi, sembrerebbe apparentemente avvalorata da una leggenda popolare che narra di una torre inespugnabile, eretta per volontà di un avaro sacerdote che la usava come forziere e, contemporaneamente, come luogo in cui eseguire pratiche religiose. Sentendo vicino il momento della morte, l'anziano sacerdote avrebbe invocato gli spiriti delle tenebre che, in cambio della sua anima, avrebbero dovuto proteggere il patrimonio da lui accumulato. Gli spettri nefasti, dunque, avrebbero messo a guardia del tesoro un enorme serpente nero, avente sulla testa un lungo corno d'oro a simboleggiare il perché e a guardia di cosa fosse stato messo lì. Pentitosi, in punto di morte, le divinità del male, infuriate, avrebbero fatto crollare il possente torrione, dimenticandosi del serpente dal corno d'oro. Del tesoro non si seppe più nulla.
In realtà, la leggenda fa riferimento non propriamente alla struttura in esame, ma a un'altra, prospiciente, oggi di proprietà dei fratelli Galiano. Tradizione vuole che fosse quella la sagrestia-forziere di questo sacerdote e non il grande trullo.
L'arco in pietra che fa da porta verso gli uliveti e i frutteti che circondano la residenza di Paparale, oggi dei signori Panaro, reca però una sorta di stemma lapideo consunto, apparentemente una tiara vescovile sormontata da una croce. Questo potrebbe spiegare, allo stato attuale delle ricerche, la tradizione orale della passata proprietà ecclesiastica, caratterizzata dalle ambigue vicende enfatizzate dal passaparola.
Le condizioni della superficie non consentono, purtroppo, di decifrare alcuno stemma che permetta una datazione certa della struttura e dello stesso stemma; tantomeno consente di poter delimitare un arco temporale entro cui focalizzare le ricerche d'archivio.
A escludere ulteriormente l'uso religioso della grande costruzione è, comunque, l'analisi della stessa. Come noto, l'orientamento delle chiese è generalmente verso oriente; l'abside, il presbiterio e l'altare maggiore sono rivolti verso il luogo dove sorge il sole, simbolo di Dio.
Nel nostro caso, oltre all'evidente inopportuna disposizione assiale per un luogo di culto, l'edifìcio è stato pensato evidentemente per altri usi.
Internamente, la presenza di due robusti archi di scarico, successivamente tompagnati con murature tufacee, mette in luce come lo spazio sia stato pensato per essere ambiente unico ampiamente fruibile, probabilmente da armenti di piccola taglia. Oggi, infatti, sono presenti ancora rudimentali mangiatoie di fronte all'ingresso.
Il vìaletto antistante l'entrate, inoltre, costeggiato da alti muretti a secco, appare perfetto per convogliare gli animali affinchè potessero entrare nell'edifìcio in modo ordinato.
Lo stesso testamento citato suggerisce anche una certa vocazione all'allevamento di quest'azienda, data la richiesta del moribondo Rodio di vendere il bue della masseria e di destinare il denaro ricavato per la celebrazione di messe.
Il volume esterno sporgente di cui abbiamo scritto, inoltre, l'unico che d'impatto avrebbe potuto far pensare alla collocazione di un altare, non è rivolto a est. Si tratta semplicemente di una stanza-camino destinata, molto probabilmente sin dalla sua prima edificazione, alla lavorazione del latte e alla realizzazione dei prodotti caseari.
Fino al 1940 la foto del grande trullo di Paparale pubblicate nel testo di Notarnicola mostra sulla sommità della conversa un comignolo, oggi crollato. Originariamente queste stanza era messa in comunicazione con la struttura centrale da uno degli archi prima citati, oggi ridotto a uno stretto accesso architravato, per paura di crolli.
In alto, alla base di uno dei due imponenti coni lapidei, travi ancora robuste, destinate a sostenere soppalchi lignei, e un varco di collegamento aperto nella muratura per mettere in relazione due ambienti conici, non fanno altro che supportare l'ipotesi dell'uso suddetto.
Va sottolineato, però, che mentre la vicina parte abitativa della masseria, la cosiddetta casella, ha subìto le consuete modifiche nel corso dei secoli, se non altro per adeguarsi alle diverse esigenze di uso familiare, qui la compagine architettonica è rimasta pressoché originaria.
La perdita di quell'alone di mistero avvalorato da Notarnicola, figlio del suo tempo e non propriamente uno storico, dunque, non sminuisce il valore dell'immobile.
Nonostante la struttura abbia subìto, nei decenni passati, alcuni necessari interventi strutturali, essa resta tuttavia estremamente rara per tecnica costruttiva e per dimensioni.
E' auspicabile che futuri restauri risolvano le criticità statiche, riportando il manufatto al suo stato originario.

Principale bibliografia di riferimento - T. A. GALIANI, Leggende delia cultura contadina - Il serpente dal corno d'oro di Paparale nell'immaginario collettivo di Alberobello, in Riflessioni - Umanesimo della Pietra, Martina Franca luglio 2001, pp.191-193.
- G. LIUZZI, Prime vicende di Alberobello nelle pagine del manoscritto Cassano, in Riflessioni - Umanesimo della Pietra, Martina Franca luglio 1989, pp.113-120.
- G. LIUZZI, Riflessioni sul primo popolamento della Silva Arborisbelli. II testamento di Francesco Antonio Rodio, un seicentesco massaro di Alberobello, in Riflessioni - Umanesimo della Pietra, Martina Franca luglio 2010, pp.47-54.
- G. NOTARNICOLA, I trulli di Alberobello dalla preistoria al presente, Roma 1940, p.114 e foto n.24.

Tratto da FATTI DI PIETRA - 2015

(Per vedere le foto ingrandite cliccare col tasto destro del mouse sulle singole foto, scegliendo poi l'opzione "Apri immagine in un'altra scheda".)