| Papa Servo di Dio Giovanni Paolo I, al secolo Albino Luciani (Forno di Canale, 17 ottobre 1912; † Città del Vaticano, 28 settembre 1978)
è stato il 263° vescovo di Roma e papa italiano a partire dal 26 agosto 1978. Il suo pontificato fu tra i più brevi della storia: la morte
avvenne dopo soli 33 giorni dalla sua elezione al soglio di Pietro.
Viene ricordato con gli affettuosi appellativi di "Il Papa del Sorriso" e "Il Sorriso di Dio".
A lui è stato dedicato un museo, situato nel suo paese natale.
«Dio vi perdoni quello che avete fatto. » (Ai Cardinali elettori)
Nato da Giovanni Luciani e Bortola Tancon, ebbe tre fratelli: una sorella di nome Nina, morta il 5 giugno 2009, un fratello di nome
Tranquillo Federico che morì in tenera età e un fratello, Edoardo, morto l'11 marzo 2008. Il padre, di idee socialiste, emigrò in seguito in Svizzera per lavoro.
Nell'ottobre del 1923 entrò nel seminario interdiocesano minore di Feltre e in seguito, nel 1928, nel seminario interdiocesano maggiore di Belluno.
Fu ordinato diacono il 2 febbraio 1935 e presbitero il 7 luglio dello stesso anno nella chiesa rettoriale di San Pietro apostolo in Belluno
(contigua al Seminario Gregoriano); venne subito nominato vicario cooperatore di Canale d'Agordo, ma già a dicembre venne trasferito ad Agordo
dove insegnò anche religione all'istituto minerario. Presso il seminario gregoriano di Belluno fu insegnante (1937-1958) e vice-rettore (1937-1947).
Il 27 febbraio 1947 ottenne la licenza in sacra teologia alla Pontificia Università Gregoriana di Roma con una tesi su L'origine dell'anima umana
secondo Antonio Rosmini: una scelta di certo audace quella di Luciani e dei suoi relatori, in quanto si trattava di un autore con due libri all'Indice
dei libri proibiti, all'epoca non ancora del tutto riabilitato dalla Chiesa.
A novembre fu nominato da monsignor Girolamo Bortignon procancelliere vescovile della diocesi di Belluno; il mese successivo venne nominato anche
cameriere segreto soprannumerario e segretario del sinodo diocesano.
A queste nomine il 2 febbraio 1948 si aggiunsero anche quelle di provicario generale della diocesi di Belluno e di direttore dell'ufficio catechistico diocesano.
Durante le elezioni politiche italiane post-belliche del 1947 si schierò apertamente, come tutte la Chiesa italiana, con la Democrazia Cristiana e
contro i partiti di sinistra, descrivendo le idee marxiste come un "male terribile", anche se ebbe sempre una pietà paterna per gli uomini dalle
idee marxiste, "nostri fratelli erranti".
Nel 1954 diventò vicario generale della diocesi di Belluno; nel frattempo (1949) aveva pubblicato il volume Catechetica in briciole. Del libro verranno
pubblicate sei edizioni in Italia ed una pure in Colombia.
Il 30 giugno 1956 fu nominato canonico della cattedrale di Belluno.
In questi anni gli fu erroneamente diagnosticata una tubercolosi incurabile, e per questo fu costretto a lasciare la parrocchia e recarsi
in sanatorio, a Sondalo in Valtellina, dove i medici si accorsero dell'errore dei colleghi, diagnosticando e curando la vera malattia: una polmonite.
Luciani fu diverse volte proposto per la nomina a vescovo, ma venne respinto per due volte a causa delle sue condizioni di salute, della sua voce flebile,
della sua bassa statura e del suo aspetto dimesso[5]. Dopo l'ascesa al soglio di Pietro di papa Giovanni XXIII, il 15 dicembre 1958 fu finalmente fatto
vescovo di Vittorio Veneto. A tal proposito si narra che papa Giovanni XXIII, respingendo le varie perplessità riguardo ai motivi per cui fino ad allora
non fosse stato promosso, legate principalmente alle sue cagionevoli condizioni di salute, sentenziò bonariamente: «...vorrà dire che morirà Vescovo. »
L'ordinazione episcopale avvenne nella basilica di San Pietro in Vaticano il 27 dicembre. Insieme a lui fu nominato vescovo anche monsignor Charles Msaklia,
originario della Tanzania: i due rimarranno amici, e sarà grazie a questo prelato africano che Luciani inizierà a conoscere la realtà della Chiesa cattolica in Africa.
Il vescovo Luciani partecipò attivamente a tutte le quattro sessioni del concilio Vaticano II (1962-1965), intervenendo e facendosi così conoscere
tra i ranghi della Chiesa cattolica.
Il 15 dicembre 1969 papa Paolo VI nominò Luciani Patriarca di Venezia.
Neanche cinquanta giorni dopo, il 1º febbraio 1970, Luciani ricevette la cittadinanza onoraria di Vittorio Veneto.
Patriarca nei difficili anni della contestazione, non fece mancare il suo appoggio e il dialogo diretto con gli operai di Marghera, spesso in agitazione.
Anche per questo maturò la consapevolezza del bisogno da parte della Chiesa di adeguarsi ai nuovi tempi e riavvicinarsi alla gente; questo gli consentì
di guadagnarsi le simpatie dei veneziani.
Anche a Venezia si trovò a dover fare i conti con la crisi economica. Poco amante degli sfarzi, era anche per questo favorevole alla vendita di oggetti
sacri e preziosi di proprietà della Chiesa.
Tra il 12 e il 14 giugno 1971 compì un viaggio pastorale in Svizzera. Tre giorni dopo venne nominato vicepresidente della Conferenza Episcopale Italiana,
carica che manterrà fino al 2 giugno 1975.
Sempre nel 1971 propose alle chiese ricche dell'Occidente di donare l'uno per cento delle loro rendite alle chiese povere del terzo mondo.
Il 16 settembre del 1972 il Patriarca Luciani ricevette Paolo VI in visita pastorale. Al termine della Santa messa in piazza San Marco il Pontefice
si tolse la stola papale, la mostrò alla folla e la mise sulle spalle del Patriarca Luciani davanti a ventimila persone, facendolo arrossire per l'imbarazzo.
Dell'episodio, assai significativo considerati gli eventi successivi, esiste un documento fotografico, ma non fu ripreso dalle telecamere, che avevano
già chiuso il collegamento. La stampa disse che Paolo VI aveva scelto il suo successore: a conferma di ciò, pochi mesi dopo Paolo VI annuncia un
concistoro e Luciani è il primo della lista.
Il 5 marzo 1973 venne infatti creato cardinale del titolo di San Marco a Roma dallo stesso papa Paolo VI.
L'anno successivo, in occasione della campagna elettorale per il referendum sul divorzio, sciolse la sezione veneziana della FUCI,
la Federazione degli universitari cattolici, perché si era mostrata favorevole al no referendario, contrariamente alle indicazioni della Chiesa italiana.
Tra il 27 settembre e il 26 ottobre dello stesso anno partecipò a Roma alla terza Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei vescovi sul
tema "L'evangelizzazione nel mondo moderno".
Il 1975 lo vide due volte all'estero per altrettanti viaggi pastorali, il 18 maggio in Germania e dal 6 al 21 novembre in Brasile,
dove l'università statale di S. Maria a Rio Grande do Sul lo insignì di una laurea honoris causa. Fu in Brasile che impressionò moltissimi
prelati per la sua profonda umiltà e devozione.
A gennaio 1976 pubblicò Illustrissimi, una raccolta di lettere immaginarie scritte negli anni precedenti a personaggi storici o della letteratura;
il libro fu un grande successo editoriale e venne tradotto in numerose lingue.
Sin dal suo insediamento a Venezia, portò sempre il classico abito scuro da sacerdote, indossando di rado la fascia paonazza da vescovo e poi
rossa da cardinale e attirandosi così molte critiche dai fedeli zelanti veneziani. Era un'altra prova del suo ricercare la semplicità.
La sua elezione sarebbe stata frutto di una mediazione tra diverse posizioni, tra le quali quelle più conservative della Curia, che sostenevano
l'arcivescovo di Genova, cardinale Giuseppe Siri, e la parte sostenitrice delle riforme del Concilio Vaticano II, che sostenevano l'arcivescovo
di Firenze, cardinale Giovanni Benelli.
Ricevette alcuni voti anche il cardinale Karol Wojtyla, poi papa Giovanni Paolo II, la cui candidatura fu presentata da quei cardinali che
auspicavano un'apertura internazionalista della Santa Sede. Luciani, tuttavia, chiese sempre di non essere preso in considerazione e anzi,
fu proprio lui a parlare per primo di un papa straniero. Egli infatti aveva sempre votato per il cardinale Aloisio Lorscheider, un francescano
che aveva conosciuto in Brasile, e che invece fu tra i più accesi sostenitori di Luciani, soprattutto perché non dimenticò mai quella visita in Brasile.
Ad ogni modo, il conclave fu rapidissimo e si concluse dopo solo quattro votazioni avvenute nella stessa giornata: alle 19:18 del 26 agosto 1978
si aprirono le vetrate della loggia centrale delle Basilica Vaticana, passarono solo ventisei ore e mezzo dalla chiusura delle porte del Conclave
e già il nuovo papa era stato eletto. Subito dopo comparve il grande drappo rosso con lo stemma papale e poi il cardinale Pericle Felici, protodiacono,
annunciò l'Habemus papam.
Luciani fu eletto 263° successore di Pietro con una amplissima maggioranza (101 voti tra i 111 cardinali, il quorum più alto nei conclavi del Novecento).
Lo stupore della folla in piazza fu grandissimo poiché la fumata, probabilmente per un errore del cardinale fuochista, fu inizialmente grigio chiara per
poi diventare nera. La situazione di incertezza durò fino all'annuncio di Radio Vaticana e alla contemporanea apertura della loggia (solo nel conclave
del 2005 verranno introdotte, dopo la fumata, le campane a festa). Appena eletto avrebbe voluto parlare alla folla ma il cerimoniere glielo impedì,
obiettando che non era nella tradizione. Papa Giovanni Paolo II, cinquanta giorni dopo, avrebbe invece infranto il cerimoniale e rivolto un saluto
alla folla, oltre alla tradizionale benedizione Urbi et Orbi. Fu questo il primo segnale di cambiamento che Luciani, seppur per breve tempo, avrebbe
cominciato nella Chiesa.
Si disse che Luciani fu eletto più per "ciò che non era" che per "ciò che era": non era un professionista della Curia che avrebbe potuto assumere
un comando autocratico accentrato, nonostante la sua profonda cultura non era un altero intellettuale potenzialmente capace di mettere in difficoltà
i porporati, non era nemmeno uno straniero, ciò che per i cardinali italiani era un indubbio valore di continuità.
Il servizio di Luciani sulla cattedra di Pietro fu brevissimo, durò appena 33 giorni.
Ciò malgrado, non mancarono episodi importanti e passaggi fondamentali della storia del papato.
Luciani si spense presumibilmente tra le ore 23.00 del 28 settembre 1978 e le ore 5.00 del giorno successivo, nel suo appartamento privato,
a causa di un infarto miocardico. Afferma un comunicato ufficiale del Vaticano[18] che, poco prima di morire, il Papa era sbiancato in volto
quando aveva saputo del giovane Ivo Zini assassinato a Roma.
Per ore ed ore, il giorno dopo la sua morte, una gran folla di fedeli continuò a sfilare davanti alla sua salma, sotto gli affreschi della sala
Clementina, nonostante il brutto tempo.
Alcuni mesi dopo iniziarono a serpeggiare alcune ipotesi su cosa effettivamente fosse accaduto la notte del 28 settembre. Tali ipotesi non
arrivarono mai ad avere dignità storica.
Nonostante i trentatré giorni passati al soglio pontificio, Luciani è senza dubbio riuscito a lasciare un'impronta profonda nella storia
della Chiesa e del papato. C'è chi ha scritto che nei suoi brevi giorni di pontificato, "la Chiesa ha fatto storia".
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