LE SETTE PAROLE DI GESÙ
(Lc 23,32-43)
1. "Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno". (Lc 23,34)
    "In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso". (Lc 23,43)
2. "Donna, ecco tuo figlio". "Ecco tua madre". (Gv 19,26-27)
3. "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?". (Mc 15,34; Mt 27,46)
4. "Ho sete". (Gv 19,28)
    "È compiuto". (Gv 19,30)
5. "Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito". (Lc 23,46)
INTRODUZIONE
Le Sette parole di Gesù in croce è un tema classico per la meditazione
cristiana, più o meno a partire dal XII secolo. Sono in realtà sette brevi
frasi, le ultime pronunciate da Gesù poco prima di morire, quando è appeso alla croce.
Non sappiamo in che ordine Gesù le abbia pronunciate, perché ci sono riportate
in modo diverso dai quattro evangelisti. Ma non ci interessa l’ordine reale,
storico; il fiuto spirituale ha voluto dare loro un certo ordine che, da Ludolfo
di Sassonia (1300) in poi è quello che si è imposto.
* Il contesto. che fa da sfondo è quello della croce, è quello il clima in cui
vanno ascoltate quelle parole. Le stesse cose, dette in altro momento, sarebbero
suonate in modo diverso. Sono perciò le parole di un morente. E chiunque di noi
ha fatto la dura, ma bella esperienza di essere vicino a una persona cara nelle
ore del suo trapasso, non dimenticherà mai le ultime parole che quella persona
ci ha rivolto. Sono sempre parole brevi, ma dense di significato, un lascito
testamentario.
-> Possiamo dunque noi passare in fretta sopra a queste parole, le ultime di Gesù, dimenticarle?
* Parole per la nostra vita e per la nostra morte. Sono le parole di una persona
che era veramente Dio ma che era anche veramente uomo e mai come sulla croce noi
vediamo tutta l'umanità di Gesù in piena luce, non con i tratti dell’eroe ma con
i tratti dell'uomo debole, che soffre, si sente solo, grida al Padre, e che muore
in una situazione di contraddizione e di ingiustizia.
Se dunque anche Gesù, da vero uomo, ha sperimentato la sofferenza in tutte le sue
tonalità, a Lui, vero Dio, guardiamo per capire come vivere quelle situazioni.
Quelle sette parole sono parole che ci servono per capire e vivere la nostra
vita, specie quando ha il sapore amaro della croce.
E sono parole che ci servono per capire e vivere la nostra morte: guardare e
ascoltare Gesù morente, per imparare a morire.
+ Ci mettiamo dunque ad ascoltare la croce. Sì, perché la croce parla!
Queste sette parole declinano quella che Paolo chiama "la parola della croce"
(1Cor 1,18). Agli occhi del mondo "la parola della croce" appare follia e
scandalo, ma per i credenti lì c'è tutta la sapienza di Dio!
TESTO. Queste due prime parole dicono subito che la morte di Gesù è una
questione di misericordia, aspetto che tutto il Vangelo di Lc sottolinea,
più degli altri tre.
1. "PADRE, PERDONA LORO, PERCHÉ NON SANNO QUELLO CHE FANNO"
+ La prima parola di Gesù in croce è la parola del perdono, parola che viene
prima delle vesti divise, degli insulti, dell’aceto offertogli, del colpo
di lancia…, prima di tutto: in Dio il perdono viene sempre prima di tutto.
Il Padre ci perdona a priori, a prescindere! Prima ancora che noi pecchiamo,
prima che ci pentiamo noi siamo già perdonati: il perdono non dobbiamo meritarcelo,
dobbiamo solo accoglierlo.
"PADRE". Anche sulla croce Gesù chiama Dio col nome di "Padre", probabilmente
"Abbà", papà. Lo aveva insegnato ai suoi discepoli; lo fa anche Lui, anche
nel momento più drammatico della sua vita.
-> Quando siamo schiacciati dal peso del male non serve stare a cercare il colpevole,
arrabbiarci con chi ci sta facendo del male. È invece il momento di parlare col Padre.
"PERDONA". Della sofferenza e della morte ormai vicina Gesù non incolpa gli altri;
e supplica il perdono per gente che non chiede perdono, che non manifesta nessun pentimento.
+ Che Gesù preghi per i suoi crocifissori è qualcosa di completamente nuovo nella
storia delle religioni, compresa la religione ebraica. Anche nella Bibbia quello
del perdono è un lungo cammino, che parte da Caino ("chiunque lo ucciderà subirà
la vendetta sette volte" – Gen 4,15) e arriva sino a Cristo. Poco per volta si è
capito che non basta salvaguardare la giustizia nei rapporti tra gli uomini, ma
che bisogna arrivare al coraggio del perdono: da qualche parte bisogna che ci
sia qualcuno disposto a perdonare. È quanto fatto da Gesù. Era stato chiaro
nel suo insegnamento: "Amate i vostri nemici… siate misericordiosi come è
misericordioso il Padre vostro" (Lc 6,35.36). Ora è Lui il primo a fare così.
-> … è un cammino lungo una vita per noi arrivare a saper perdonare.
+ Cosa è questo perdono che Gesù chiede al Padre? Perdonare non significa
minimizzare il male che mi hanno fatto, o addirittura negarlo. Non significa
che Dio non prende sul serio ciò che noi facciamo, che Dio dimentica il male
inflitto al Figlio il venerdì santo, ma che Dio trasforma in bene quel male,
fa risorgere il Figlio la domenica di Pasqua. Il perdono significa cioè che
anche i nostri peccati possono trovare posto nel nostro cammino verso Dio.
La felix culpa di Agostino…
+ Potrebbe forse sorprendere che Gesù non dice: "Padre, io li perdono", ma:
"Padre, Tu perdonali". È una preghiera che da una parte ci rivela come Gesù
sulla croce sia come non mai l'intercessore per noi presso Dio: intercede per
i suoi aguzzini, si mette in mezzo tra loro e il Padre.
E d'altra parte pregando così Gesù ci vuol forse insegnare che per noi (non
certo per Lui) perdonare è una grazia. Di fronte a certe situazioni o a certe
persone io mi dico: no, non ce la farò mai a perdonare. Ci sono pezzi della
nostra vita o persone che non riusciamo a perdonare; e stiamo male. Gesù ci
dice che l'unica via è chiedere al Padre di perdonarli. Questo è il modo per
partecipare della misericordia del Padre, chiedere a Lui ciò che da noi soli
non può sgorgare (cf. Gemma Calabresi).
"LORO". Chi sono le persone per le quali Gesù chiede al Padre il perdono?
Non sono solo i soldati romani, esecutori materiali della condanna; neppure
soltanto i responsabili di quella condanna, cioè i capi del Sinedrio. Va
forse inteso tutto il popolo giudaico, che ha seguito i capi nel rifiuto di
Gesù, sono "i suoi", "la sua gente". Ma a questi vanno associati tutti coloro
che in ogni tempo respingono coscientemente il Cristo, quelli che in tanti modi
crocifiggono un loro fratello.
-> Chi sono per noi, in questo momento, le persone che ci stanno crocifiggendo?
"PERCHE’ NON SANNO QUELLO CHE FANNO". Gesù accompagna questa sua parola di
perdono con una motivazione: non sanno quello che fanno. Davvero non sapevano?
Più volte lungo il Vangelo i capi e il popolo danno prova di rifiuto volontario.
Eppure nella preghiera di Gesù sulla croce, di tutto questo non si tiene conto.
Una delle caratteristiche dell'amore è quella di non condannare gli altri, per
quanto cattivi possano essere e trovare qualche ragione per scusarli e per usare
misericordia. L’amore "tutto copre, tutto scusa, tutto sopporta…" (1Cor 12).
Questo non è canonizzare il male, un "condono edilizio", ma è andare al centro
della nostra vita: noi, in ogni nostra relazione, viviamo di misericordia.
+ E poi quel "non sanno quello che fanno" lo sperimentiamo anche dentro di noi.
Qualche volta lo sappiamo bene che stiamo facendo qualcosa di male, ma non
sappiamo perché lo stiamo facendo (“ma che mi ha preso in quel momento, ma
perché mi sono comportato così?”): il male è un mistero più grande di noi,
non potremo mai spiegarlo fino in fondo. Perciò non mostrifichiamo gli altri,
perché anche noi siamo capaci di tanto male. Io assomiglio, più di quanto possa
crederlo, a colui che mi ha fatto del male. Se ho chiaro questo, perdonare
mi verrà più facile.
+ DA CRISTO AI CRISTIANI. Lc, scrivendo poi gli Atti, ci racconta la stessa cosa
di Stefano: mentre lo lapidavano "piegò le ginocchia e gridò a gran voce: Signore,
non imputare loro questo peccato" (At 7,60): l'amore di Cristo passa nei cristiani.
E questo quanto volte si è verificato nella vita e nella morte di tanti martiri,
noti o meno noti. - P. Christian de Chergé: "Venuto il momento, vorrei avere
quell'attimo di lucidità che mi permettesse di sollecitare il perdono di Dio
e quello dei miei fratelli in umanità, e nel tempo stesso di perdonare con
tutto il cuore chi mi avesse colpito... Di questa vita perduta, io rendo grazie
a Dio… E [rendo grazie] anche a te, amico dell'ultimo minuto, che non avrai
saputo quel che facevi... E che ci sia dato di ritrovarci, ladroni beati, in
paradiso, se piace a Dio, Padre nostro, di tutti e due. Amen!" (Testamento,
scritto due anni e mezzo prima della morte).
2. "IN VERITÀ IO TI DICO: OGGI CON ME SARAI NEL PARADISO"
+ Ecco, adesso passiamo ai ladroni beati ammessi in paradiso. Qui il perdono
non è più solo chiesto al Padre nella preghiera, ma è accordato dallo stesso Gesù.
TRA DUE MALFATTORI. I Vangeli ci tengono a dire che Gesù è crocifisso e muore
fra due delinquenti. Sulla croce Gesù è in compagnia dei peccatori come lo è
sempre stato durante la vita, da quando si è messo in fila per farsi battezzare
dal Battista a quando sedeva a tavola con loro.
+ Luca si sofferma su di loro, e li distingue, come a dire che Gesù, in vita
come in morte, è un "segno di contraddizione" (2,34), cioè davanti a Lui
occorre schierarsi, per Lui o contro di Lui. Così questi due:
- uno lo insulta, "lo bestemmia", e cioè: "Salva te stesso!".
Ma Gesù era stato chiaro: "Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà…".
-> Quest’uomo si rivolge a Gesù come tante volte facciamo anche noi, nella prova,
con un discorso perfettamente logico: se tu sei il messia, perché non intervieni
a togliere questo male? Per lui (e per noi) la salvezza coincide con l’evitare
il male, con lo sfuggire la morte, non attraversarla.
- l'altro Lc ce lo presenta come fosse la figura del discepolo cristiano.
Innanzitutto opera la correzione fraterna quando "rimprovera" l'altro che
ha bestemmiato Gesù (cf. Lc 17,9: "Se il tuo fratello pecca, rimproveralo").
Poi si assume le proprie responsabilità in quanto riconosce il male che ha
commesso e ne accetta le conseguenze, non chiede di essere tirato fuori da
quella situazione; quindi esprime una confessione di fede riconoscendo
l’innocenza e la giustizia di Gesù e rivolgendosi a Lui con la preghiera
che ne afferma anche la regalità escatologica.
+ Dunque sono due i malfattori che condividono con Gesù la croce, perché
davanti alla croce ci sono >b>due reazioni possibili: la rabbia o la resa,
il risentimento o il pentimento, il rifiuto che diventa bestemmia e insulto,
o la pacata accettazione del dolore che si fa solidale comprensione nel cuore.
GESU'. Con semplicità e sorprendente intimità quell'uomo gli dice: "Gesù".
Detto così, al vocativo, senza nessun'altra specificazione (Maestro, Signore…)
è un caso unico nel NT.
RICORDATI DI ME, "non so bene cosa mi è successo, cosa mi ha fatto arrivare
a questo punto, forse è anche giusto che sia qui crocifisso, ma tu ricordati
di me". Quel malfattore dimentica se stesso, tutto il male che ha fatto e
concentra tutto il suo sguardo su Gesù, e così ci insegna a credere di più
nella misericordia di Gesù che in quello che abbiamo fatto o subìto.
QUANDO ENTRERAI NEL TUO REGNO. Il buon ladrone riconosce in Gesù, appeso alla
croce, un re, cosa che non hanno riconosciuto Pilato e i sommi sacerdoti,
durante il processo, o i soldati.
+ Ed ecco la risposta di Gesù, introdotta con il solenne:
"In verità io ti dico…".
OGGI, parola frequente in Lc, è l'oggi di Dio, il momento in cui Dio entra
in azione per salvare.
Oggi, non chissà quando. Gesù promette il paradiso a quest’uomo prima ancora di
aver aperto le porte del paradiso, cioè prima di essere Lui stesso risorto dai
morti. Perché l'eternità di Dio, la vita eterna non è ciò che accade alla fine
del tempo, dopo la nostra morte, ma irrompe nella nostra vita già ora. Ogni
volta che ci lasciamo perdonare, che amiamo e perdoniamo poniamo piede nell'eternità,
che è la vita di Dio. Le cose di Dio non sono vere solo alla fine della vita;
se sono vere lo devono essere già adesso.
CON ME è il vero centro della frase. Il paradiso è stare con Gesù. La vita umana
è una chiamata alla relazione, all'amore, a stare con qualcuno. Il paradiso
comincia qui quando vivi la comunione, quando sei in relazione bella con Gesù,
e poi con gli altri, non quando hai chissà cosa, sei chissà dove. E che faremo
in paradiso nel paradiso che continua di là? Continueremo a stare con Lui!
Come con un amico: vediamoci! E che facciamo? Che importa, l'importante
è che stiamo insieme.
E Gesù dice questo al malfattore non mentre sono al bar davanti a una birra,
ma mentre sono entrambi su una croce! Oggi con me sulla croce, oggi con me
in paradiso: vivere la sofferenza in comunione con Cristo è già assaggiare il paradiso.
IN PARADISO. "Paradiso" è una parola molto rara nella Bibbia, di origine
persiana, che significa "giardino cinto da mura" e rimanda al giardino
delle origini, ricco di ogni ben di Dio ma che, dopo il peccato, fu chiuso.
Ora finalmente Gesù lo riapre all'uomo e dentro vi ci si trova molto di più
e di meglio che nel giardino della Genesi: Gesù è lì presente!
IL "BUON LADRONE". Questa straordinaria promessa Gesù la fa a un uomo che
la tradizione chiama "buon ladrone", sulla scia di Agostino e del
Crisostomo che dicono: quell’uomo è un ladro perché si è rubato il Paradiso,
è riuscito a impossessarsi di ciò che non è suo. Ma il vangelo non dice
né che era un ladro e tantomeno che era buono. Dice piuttosto che, come
anche l'altro, è un mal-fattore, uno che ha fatto il male, anche se non
dice quale sia il male che ha fatto, ma se è finito in croce probabilmente
non si trattava solo di un furto. Proprio a quest’uomo malvagio Gesù
concede il Paradiso.
E ci viene da dire: Che ingiustizia! Passi la vita a fare il bravo, ad
andare a messa tutte le domeniche, a dire le preghiere, e poi ti arriva
uno che chissà cosa ha combinato e in un istante si ritrova in Paradiso.
Che si faccia almeno un po' di purgatorio! Ma quell'uomo non è finito in
Paradiso perché era buono (anche se noi pensiamo che in Paradiso ci
finiscono solo i buoni) ma perché, nella sua malvagità, si è aggrappato
a Cristo. Noi siamo ossessionati dalle nostre opere buone: non è questo
che ci ottiene la salvezza. Noi possiamo solo lasciarci salvare dalla
misericordia di Dio. Questo ci insegna quel malfattore.
+ Allora questa parola di Gesù ci fa sperare, sperare per noi stessi e
"sperare per tutti": nessuno, per quanto malvagio sia stato, se riconosce
l'amore può essere escluso dalla vita oltre la morte.
Per la riflessione
-> Noi, sappiamo invocare il perdono su quelli che ci fanno del male e sono
causa della nostra sofferenza? Sappiamo pregare così, quando per noi perdonare
è difficile, inimmaginabile, impossibile?
-> Noi che malfattori siamo? Passiamo la vita arrabbiati con lo sguardo sempre
fisso sul male che abbiamo combinato o che abbiamo subìto? O proviamo a
smettere di guardare a noi stessi e a quanto ci è successo e volgere
lo sguardo a Gesù?
-> Tu a cosa credi: ai tuoi meriti, a tutto ciò che hai fatto di buono e di
santo o, come il buon ladrone, credi alla misericordia di Dio?