L'ADULTERA
"Neanche io ti condanno"
(Gv 8,1-11)
INTRODUZIONE. Tra gli "incontri" di Gesù questo è certamente un po' particolare, se non altro
per le pochissime parole che Lui e questa donna si scambiano (ben diverso da quanto accaduto
con la Samaritana). Pochissime parole, ma più pesanti delle pietre che avevano in mano quegli scribi e farisei.
Ma gli incontri, le relazioni, non vivono solo di parole, ma anche di gesti, di sguardi, di silenzi.
TESTO.
+ "Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi" (1), che per Gesù era un luogo abituale per la preghiera,
la sua cappella in cui ritirarsi spesso. E difatti lì probabilmente vi passa la notte in preghiera,
visto che si dice che "al mattino si recò di nuovo nel Tempio" (2).
Tempio che da luogo di "insegnamento" qualcuno vuole trasformare in tribunale di giudizio.
-> Quante volte forse anche noi facciamo dei nostri momenti di preghiera comunitaria non dei momenti
di incontro con Gesù e di ascolto della Sua Parola, ma momenti di giudizio e di critica contro tutto e contro tutti.
+ Infatti "scribi e farisei gli condussero una donna.... la posero in mezzo" (3): questa donna non è
neppure una persona, è una cosa che tanti uomini hanno usato e che ora anche scribi e farisei prendono
e posano là dove a loro piace.
+ "Gli condussero una donna sorpresa in adulterio... sorpresa in flagrante adulterio", dunque senza
che ci sia neppure bisogno di ulteriori indagini per accertare la verità. E questa donna è identificata
col suo peccato! Non è una donna, è un'adultera, una prostituta.
Quando si parla di prostituzione si dice che sia "il mestiere più antico del mondo". Sì, in questo testo
si parla davvero del mestiere più antico del mondo. Che non è tanto quello di vendere il proprio corpo,
ma quello di confessare le colpe degli altri! E in questo mestiere siamo molto abili, tutti: troviamo
sempre un pezzo di colpa da addossare a quello, un altro pezzo a quell'altro e così alla fine di colpa
per noi non ne resta più! Ne facciamo un "gioco di società", perché quando ci troviamo insieme agli
altri volentieri ci mettiamo a giocare a questo tiro al piccione.
È un mestiere che non conosce crisi. Forse abbiamo solo cambiato gli attrezzi del mestiere: invece che
scagliare pietre gettiamo fango contro gli altri, ma il risultato è lo stesso. Dimentichiamo però che
è un mestiere con cui non ci guadagniamo da vivere, ma ci guadagniamo la nostra condanna: "col giudizio
col quale giudicate sarete giudicati voi e con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi" (Mt 7,2)
+ "La posero in mezzo e gli dissero: Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio.
Ora Mosè, nella Legge...". Che cosa davvero vogliono mettere al centro: la persona o la Legge?
Scribi e farisei sono quelli che per piacere a Dio mettono la Legge al di sopra di tutto; quelli che
vogliono difendere Dio, e lo fanno uccidendo l'uomo! Per questo a loro Gesù dà fastidio.
à Scribi e farisei di oggi sono quelli a cui dà fastidio Papa Francesco, perché dice che la Legge,
per esempio quella sul matrimonio (cf. Amoris Laetitia), è sacrosanta, ma noi abbiamo davanti delle
persone, delle situazioni particolari che non è sempre facile inquadrare dentro alla legge generale.
+ E visto che troppe volte quel Rabbì di Galilea mette in discussione questo loro modo di vivere
la religione, allora, "per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo" (6) gli chiedono un parere:
"Maestro, qui davanti c'è questa adultera col suo peccato, e c'è Mosè con la sua Legge che dice di lapidarla.
Tu che ne dici?"(5).
La domanda è un tranello, in qualunque modo Gesù risponda è fregato: se dice che bisogna lapidarla si
mette contro i Romani, che arrogavano a sé soli il diritto di condannare a morte una persona; e soprattutto
si mette contro se stesso e tutte le belle cose che va in giro a predicare sulla misericordia. Se dice che
non bisogna lapidarla, si mette contro Mosè e contro la Legge.
+ "Ma Gesù si chinò" (6). Straordinario questo gesto di Gesù!
- Gesù si china, dopo questa domanda tranello, per non sfidare il gruppo a testa alta, servirebbe
solo a inferocirli ancora di più. Introduce così una pausa di silenzio, un momento di riflessione.
Come sono importanti queste pause di silenzio quando ci sta salendo l'ira....
- Gesù si china forse per non guardare in volto quella donna, per non farle sentire addosso il suo
sguardo, visto che è già al centro dello sguardo di tutti.
- Gesù è il Dio che si china davanti all'uomo, perché l'uomo sia innalzato, sia rimesso in piedi.
+ "... e si mise a scrivere col dito per terra". Ecco la differenza di prospettiva davanti alla donna:
non un dito puntato, ma un dito che scrive per terra. Cosa avrà scritto? Girolamo dice che si è messo
a scrivere i peccati di tutti quegli scribi e farisei. Forse si è messo a scrivere la sentenza del
processo in cui si è trovato coinvolto e in cui gli è chiesto di fare da giudice. O forse,
semplicemente, ha scritto: "ti amo".
+ Ma visto che insistono perché dica qualcosa circa quella donna, allora Gesù si pronunzia, non a
riguardo di lei, ma a riguardo di loro: "Chi di voi è senza peccato scagli per primo la pietra contro
di lei" (7). E così gli accusatori si trovano di colpo sul banco degli imputati.
Le parole e i gesti di Gesù spezzano lo schema buoni/cattivi, innocenti/colpevoli. Nessuno può dirsi
innocente, ma tutti possono ridiventarlo. "Perciò chiunque tu sia, o uomo che giudichi, non hai alcun
motivo di scusa perché, mentre giudichi l'altro, condanni te stesso; tu che giudichi, infatti, fai le
medesime cose" (Rm 2,1). E una persona, anche se sbaglia, rimane sempre sacra, inviolabile; davanti a
ogni persona devi toglierti i calzari come Mosè davanti al roveto: "tutti imparino sempre a togliersi
i sandali davanti alla terra sacra dell'altro" (Francesco, EG 169)
+ "E chinatosi di nuovo, scriveva per terra" (8). Che bello! Anche con loro fa la stessa cosa che ha
fatto con la donna: neppure a loro Gesù gliela vuole far pagare, neppure su di loro vuole far pesare
uno sguardo da giudice. Di fronte a quella alternativa: "Ti schieri, come noi, dalla parte di Mosè e
della sua Legge santa, o dalla parte di questa adultera e del suo peccato?", Gesù risponde, con le parole
e coi gesti: "Mi schiero dalla parte della misericordia!", con lei e con voi.
"Dove c'è la misericordia, lì c'è Dio; dove c'è rigore e severità, forse ci sono i ministri di Dio, ma Dio
non c'è (Deus deest)"(S. Ambrogio)
+ "Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani" (9), forse percvhè erano
quelli con più peccati sul groppone.
+ "Lo lasciarono solo": per forza, Lui è il solo a non avere peccati!
"e la donna era là in mezzo" (9). Al centro del racconto non c'è il peccato, da condannare o da perdonare;
"là in mezzo" non c'è il male da prendere a sassate, ma una persona da amare; "là in mezzo" c'è Gesù e l'adultera,
"la miseria e la Misericordia" (Agostino), c'è un Dio che certamente non giustifica l'adulterio, non banalizza
la colpa, ma riapre il futuro e fa ripartire.
+ "Allora Gesù si alzò..."(10): adesso si alza davanti a lei, come davanti a una persona importante, per
guardarla finalmente negli occhi con uno sguardo che forse mai quella donna aveva incontrato: finalmente
un uomo che non la guarda per desiderarla e neppure per giudicarla e disprezzarla.
+ "E le disse: Donna..." (10): per lui non è l'adultera, è la donna, ha ritrovato la sua dignità di donna.
E la chiama nello stesso modo con cui a Cana ha chiamato e sul Calvario chiamerà sua Madre!!
+ "Dove sono? Nessuno ti ha condannata?... Neanch'io ti condanno": non ti condanno perché "non sono
venuto per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di me" (cf. Gv 3,17). Non ti
condanno perché fra poco verrò condannato io al tuo posto, io pagherò per il tuo peccato.
+ "Va', e d'ora in poi non peccare più" (11): Gesù dà libertà a quella donna: la libera dagli sguardi di
tutti i suoi accusatori che la umiliano dall'esterno, e la libera da tutti i suoi sensi di colpa, che la
paralizzano dall'interno, perché il senso di colpa non viene da Dio.
E così la libera dal suo passato che la schiaccia come un macigno, dai rimorsi la incatenano al passato,
e la apre al futuro: "D'ora in poi..." ciò che sta dietro non importa più, importa il tuo futuro. Il bene
possibile di domani conta più del male di ieri.
+ Ma a noi, farisei moderni, in questa storia c'è ancora un dettaglio che ci fa problema: la donna non ha
chiesto perdono! E Gesù non le ha chiesto nemmeno se è pentita!
Noi abbiamo a disposizione il sacramento della confessione per riconciliarci con Dio, e una delle condizioni –
la più importante – perché il sacerdote possa dare l'assoluzione è che il penitente sia pentito. E questa è
cosa sacrosanta. Ma le cose non funzionano sempre così.
"Noi siamo abituati a pensare che Dio ci perdona perché siamo pentiti. In realtà noi riusciamo a pentirci solo
quando sentiamo l'abbraccio di Dio che ci stringe a Sé" (Ronchi). Il pentimento non è tanto la causa del perdono
di Dio, ma è la conseguenza del perdono di Dio. È quel "dolore" del cuore che uno prova quando scopre di quanta
misericordia è invasa la propria miseria (cf. Radcliffe, il dolore alle mani gelate causato dal calore...).
CONCLUSIONE
Dove collocarci, noi, in questa mattinata sulla spianata del Tempio?
- Siamo certamente al posto giusto se ci mettiamo in mezzo a scribi e farisei. Perché siamo tutti in gamba
a scagliare pietre, o almeno a gettare fango.
- Ma non ci stiamo male anche se ci mettiamo al posto dell'adultera. Siamo tutti adulteri! Tante volte la
Scrittura indica il peccato di Israele come adulterio, come un tradire l'amore di Dio, nostro Sposo. Abbiamo
dunque bisogno di rivivere ogni giorno l'incontro con Cristo che ci rimette in piedi, che ci ridà dignità,
che ci ridà fiducia. Abbiamo bisogno di "lasciarci misericordiare"! (Francesco).
Perché "il paradiso non è pieno di santi, è pieno di adultere perdonate, di peccatori perdonati" (Ronchi), e
se i santi sono in paradiso è esattamente perché hanno fatto questa esperienza, non perché erano irreprensibili, perfettini.
- Ma proviamo anche a metterci al posto di Gesù. Giù le pietre che abbiamo in mano e proviamo a incamminarci
sulla strada della misericordia. È un cammino, perché la misericordia si impara: "Andate a imparare cosa significhi:
Misericordia io voglio, non sacrifici" (Mt 9,13). «La misericordia s'impara, perché il Padre continua a perdonarci.
Trattare con misericordia vuol dire allora imparare dal Maestro a renderci vicini, senza aver paura di quelli che
sono stati scartati o che sono "macchiati" e segnati dal peccato» (Francesco).
La misericordia non distingue tra chi merita il mio amore e chi non lo merita. Perché "chiunque ha meritato di
abbeverarsi all'oceano della vita che è Dio, merita anche di bere un sorso al mio piccolo ruscello" (Ronchi).