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Beato Giuseppe Allamano
Ebbe san Giovanni Bosco come insegnante e san Giuseppe Cafasso per zio. Ordinato prete a Torino a 22 anni - era nato nel 1851 a Castelnuovo d'Asti - Giuseppe Allamano fu rettore del santuario più caro ai torinesi, la Consolata. Volle fondare un istituto dedicato all'annuncio «ad gentes». Nacquero così nel 1901 i Missionari della Consolata e nel 1909 le suore. Prima prova: il Kenya. Denunciò a Pio X l'insensibilità di fedeli e pastori sulla missione e chiese l'istituzione di una giornata. Lo fece Pio XI nel 1927, un anno dopo la morte di Allamano. E' beato dal 1990.
Giuseppe = aggiunto (in famiglia), dall'ebraico
A Torino, beato Giuseppe Allamano, sacerdote, che, animato da instancabile zelo, fondò due Congregazioni delle Missioni della Consolata, l'una maschile e l'altra femminile, per la diffusione della fede.

Beata Filippa Mareri
Nasce dalla nobile famiglia dei Mareri sul finire del XII secolo, nel castello di loro proprietà, in provincia di Rieti. Avviata da san Francesco alla vita di perfezione negli anni 1221-1225, prende la decisione di consacrarsi a Dio con tale determinazione che né le pressioni dei parenti, né le minacce del fratello Tommaso, né le richieste dei pretendenti riescono a rimuovere. Fugge da casa insieme ad alcune compagne e si ritira in una grotta nei pressi di Mareri, oggi detta «Grotta di Santa Filippa» e vi rimane fino al 1228, quando i due fratelli le donano il Castello di loro proprietà con annessa la Chiesa di San Pietro de Molito. La Beata vi si trasferisce con le sue seguaci e vi organizza la vita claustrale secondo il programma di San Francesco per le Clarisse di San Damiano. La cura spirituale del monastero viene affidata al beato Ruggero da Todi dallo stesso san Francesco. Filippa muore nel 1236.
A Borgo San Pietro in Abruzzo, beata Filippa Mareri, vergine, che, rigettate le ricchezze e i fasti del mondo, abbracciò all'interno di una proprietà della sua famiglia il modello di vita di santa Chiara da poco introdotto.

Santa Giuliana di Nicomedia
Nacque intorno al 285 a Nicomedia, oggi Izmit, in Turchia. Nella sua famiglia d'origine era l'unica cristiana. Suo padre in particolare era un seguace zelante delle divinità pagane. All'età di nove anni, sarebbe stata promessa in sposa al prefetto della città, un pagano di nome Eleusio. Secondo gli accordi raggiunti dalle due famiglie, le nozze si sarebbero celebrate quando Giuliana avesse compiuto 18 anni. Ma quel giorno la giovane disse che avrebbe accettato solo se Eleusio si fosse fatto battezzare. Venne quindi denunciata dallo stesso fidanzato come cristiana praticante. Imprigionata, non tornò sulla sua decisione neppure dopo la condanna a morte. Venne quindi decapitata verso il 305, al tempo di Massimiano. L'iconografia la rappresenta spesso insieme ad un diavolo che la tormenta, ma non mancano le raffigurazioni delle torture da lei subite in vita, come l'essere appesa per i capelli o tormentata con il fuoco.
Giuliana = appartenente alla 'gens Julia', illustre famiglia romana, dal latino
Palma
In Campania, santa Giuliana, vergine e martire.

Santi Elia, Geremia, Isaia, Samuele e Daniele e compagni
A Cesarea in Palestina, santi martiri Elia, Geremia, Isaia, Samuele e Daniele: cristiani di Egitto, per essersi spontaneamente presi cura dei confessori della fede condannati alle miniere in Cilicia, furono arrestati e dal governatore Firmiliano, sotto l'imperatore Galerio Massimiano, crudelmente torturati e infine trafitti con la spada. Dopo di loro ricevettero la corona del martirio anche Panfilo sacerdote, Valente diacono di Gerusalemme, e Paolo, originario della città di Iamnia, che già avevano trascorso due anni in carcere, e anche Porfirio, domestico di Panfilo, Seleuco di Cappadocia, di grado avanzato nell'esercito, Teodúlo, anziano servitore del governatore Firmiliano, e infine Giuliano di Cappadocia, che, tornato proprio in quel momento da un viaggio, dopo aver baciato i corpi dei martiri, si rivelò come cristiano e per ordine del governatore fu bruciato a fuoco lento.

San Panfilo e compagni
A Cesarea in Palestina, santi martiri Elia, Geremia, Isaia, Samuele e Daniele: cristiani di Egitto, per essersi spontaneamente presi cura dei confessori della fede condannati alle miniere in Cilicia, furono arrestati e dal governatore Firmiliano, sotto l'imperatore Galerio Massimiano, crudelmente torturati e infine trafitti con la spada. Dopo di loro ricevettero la corona del martirio anche Panfilo sacerdote, Valente diacono di Gerusalemme, e Paolo, originario della città di Iamnia, che già avevano trascorso due anni in carcere, e anche Porfirio, domestico di Panfilo, Seleuco di Cappadocia, di grado avanzato nell'esercito, Teodúlo, anziano servitore del governatore Firmiliano, e infine Giuliano di Cappadocia, che, tornato proprio in quel momento da un viaggio, dopo aver baciato i corpi dei martiri, si rivelò come cristiano e per ordine del governatore fu bruciato a fuoco lento.

Beato Nicola Paglia
Dalla città natale, Giovinazzo (Ba) si recò a Bologna per studiare. Qui fu attratto all'Ordine dalla parola vibrante di s. Domenico e divenne suo fedelissimo compagno nelle peregrinazioni apostoliche. Per due volte fu provinciale della provincia romana, e fondò i conventi di Perugia e di Trani. Uomo colto e lungimirante, promosse lo studio della Sacra Scrittura e la compilazione delle Concordanze bibliche. Morì a Perugia dove è sepolto nella chiesa di s. Domenico.
A Perugia, commemorazione del beato Nicola Paglia, sacerdote dell'Ordine dei Predicatori, che da san Domenico ricevette l'abito e l'incarico della predicazione.

San Maruta
San Maruta, vescovo, ristabilita la pace nella chiesa, presiedette il concilio di Seleucia, ricostruì le chiese distrutte durante la persecuzione del re Sapore e raccolse le reliquie dei santi martiri della Persia  e le depose nella città sua sede vescovile, denominata poi Martiropoli, cioè città dei martiri.
Nel regno di Persia, san Marúta, vescovo, che, ristabilita la pace per la Chiesa, presiedette il Concilio di Seleucia, restaurò le Chiese di Dio crollate durante la persecuzione del re Sabor e collocò le reliquie dei martiri di Persia nella città sede del vescovo, da allora chiamata Martiropoli.

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