Una lunga schiera di martiri e di santi arricchisce la primitiva chiesa del Nord Africa, terra feconda per il cristianesimo fin dalle sue origini, i cui membri, purtroppo, videro lunghi secoli di persecuzioni, da parte dei Romani prima, degli Arabi e dei Turchi poi, ed ancora oggi ad opera di moderni estremismi. In questo novero ricordiamo un gruppo di credenti che la tradizione vuole decapitati lo stesso giorno, a Cartagine, il 25 maggio 258. Le fonti non sono chiare ed univoche: secondo alcune, infatti, le esecuzioni non avvennero esattamente lo stesso giorno; per altre, almeno due condannati morirono di stenti già durante la lunga prigionia. La ricostruzione più attendibile dovrebbe essere quella che vede la loro esecuzione seguire, in un'unica circostanza, il 25 maggio appunto, quella del vescovo della città Cipriano, che era avvenuta il 14 febbraio dello stesso anno, sempre durante la persecuzione dell'imperatore Valeriano, avviata in loco per supposti motivi di ordine pubblico. I martiri che sarebbero stati giustiziati insieme dovrebbero essere otto: i presbiteri Giuliano, Lucio, Montano e Vittorico; i catecumeni Donaziano, Primolo e Reno e il diacono Flaviano. Questi era un insegnante molto stimato in città, che alcuni amici e discepoli avrebbero voluto salvare dal martirio, giungendo addirittura a falsificare i documenti che attestavano la loro ordinazione diaconale, ma lui li sconfessò, per condividere la sorte dei suoi compagni. Le cronache parlano di una piena e consapevole accettazione del comune destino di sacrificio e di una condotta esemplare da parte dell'intero gruppo. (sp)