Secondo il Fàbrega, verso la fine del secolo VI o l'inizio del VII esisteva un testo liturgico generale, che si leggeva come passio de communi, nel quale si affermava che Felice (noto anche come Felix o Feliù) soffrì il martirio a Gerona ai tempi dell'imperatore Diocleziano. Secondo altri studiosi (ad es., Baudouin de Gaiffier, 1897-1984) quest'agiografia si sovrappone ad un'altra vita di un santo, Felice di Tubzak (città africana). Può darsi, quindi, che i due santi omonimi siano nati entrambi in Africa e venuti in seguito in Spagna, l'uno a Gerona e l'altro a Barcellona. Entrambi avrebbero subito il martirio sotto il prefetto Raffino, mentre Daziano, governatore generale della Spagna, avrebbe avuto a Saragozza il suo quartier generale. Felice nasce a Scilli (Africa) nella seconda meta del secolo III, da nobile famiglia, e si dedica interamente allo studio delle lettere a Cesarea di Mauritania. Sentendo parlare della persecuzione di Diocleziano e Massimiano e dei suoi martiri, decide di lasciare patria e famiglia per soffrire insieme con gli altri cristiani e manifestare con essi pubblicamente la fede in Cristo. Arriva a Barcellona ove più intensa si abbatte la persecuzione di Daziano. Felice predica il Vangelo e pratica la carità verso i bisognosi non solo a Barcellona, ma in tutto il litorale catalano fino ad Ampuria. Nel suo viaggio missionario giunge sino a Gerona dove s'impegna sempre pù intensamente nel suo apostolato e nelle opere di carità, tanto che gli abitanti l'accettano come loro dottore, apostolo e profeta. Di tutta quest'attività viene a conoscenza Ruffino, un prefetto di Diocleziano, che imprigiona Felice e lo sottopone a giudizio. Il prefetto all'inizio vuole tentare Felice mettendo a sua disposizione onori e ricchezze, ma questi rifiuta decisamente rinfacciando al prefetto la sua crudeltà e tirannia. Ruffino in un primo tempo lo tiene solo prigioniero, ma, visto che anche qui il diacono continua ad annunciare Cristo, ordina che sia flagellato e, poi, legato ad un cavallo, trascinato attraverso le piazze, strade e letamai della città. Rimesso in carcere, Felice è consolato da una serie di visioni celesti. Ulteriormente sottoposto a tortura, ma non piegato nell'animo, Ruffino decide di inviarlo lontano per evitare che possa ancora predicare in qualche modo nel suo territorio. A questo punto le notizie dei vari «Atti di Felice» non sono concordi. Per alcuni il santo sarebbe stato portato fino alla città di San Feliù di Guixol, a circa trenta chilometri da Gerona, e qui gettato in acqua; miracolosamente illeso, fu riportato a Gerona attraverso un difficile tragitto lungo il quale sarebbe morto di stenti. Per altre, il santo sarebbe morto in carcere oppure con un nuovo martirio tramite lo slogamento di tutti gli arti. È ricordato nel breviario mozarabico attribuito a sant'Isidoro. Il suo culto è molto diffuso in Spagna e nella Francia meridionale. Come ricorda san Gregorio di Tours, a lui furono dedicate due basiliche, una costruita sul sepolcro e un'altra a Narbonne nel 455 dal vescovo Rustico. A Gerona, dove erano presenti le sue reliquie, avvennero molti miracoli per sua intercessione in epoca visigotica, tanto che re Recaredo (586-601) - convertitosi dall'arianesimo al cattolicesimo nel 589 durante il Terzo Concilio di Toledo da lui convocato - lasciò alla chiesa una corona votiva. Le sue reliquie ed il suo sepolcro furono nascosti durante l'invasione araba e furono trovate nel secolo X insieme con quelle d'altri martiri. Ancora oggi a Gerona, la festa di san Felice è celebrata con grande solennità. Il 31 maggio del 2011, papa Benedetto XVI ha concesso il titolo di Basilica minore alla bella chiesa - in stile gotico su precedente chiesa romanica - di San Felix di Gerona. (ldn)