Nato a Cucciago (Como) intorno all'anno 1000, forse da una famiglia di valvassori, fin da piccolo fu avviato alla vita ecclesiastica. Durante gli studi universitari (sembra anche a Parigi) entrò in contatto con i fautori della riforma d'ispirazione Cluniacense, chiamata poi Gregoriana, perché sostenuta da papa Gregorio VII. Tornato a Milano, poco prima del 1050 fu ordinato diacono dall'arcivescovo Guido da Velate (1045-1071), poi aggregato alla cappella arcivescovile e incaricato dell'insegnamento delle Arti liberali nella scuola per i giovani aspiranti alla vita ecclesiastica, aperta presso la cattedrale si Santa Maria. Contrastò fortemente sia la simonia, sia il fatto che uomini sposati potessero ricevere gli ordini sacri e continuare la vita coniugale (all'epoca la clerogamia era diffusa nell'Italia Settentrionale e difesa dalla Chiesa ambrosiana). A seguito dello scarso successo della sua predicazione, Arialdo e alcuni suoi amici - tra i quali Anselmo da Baggio, Erlembaldo e Landolfo Cotta - fondarono la Pataria, un gruppo di persone che, oltre a favorire la riforma Gregoriana, propugnava l'indipendenza della Chiesa dalla tutela degli imperatori germanici e la lotta contro il feudalesimo. Dopo la nomina di Anselmo da Baggio a vescovo di Lucca (1057), Arialdo e Landolfo Cotta fecero approvare un proclama de castitatae servanda, da far sottoscrivere a tutti i membri del clero. Scomunicati dai vescovi della provincia lombarda durante un sinodo tenuto a Fontanero (Novara), Arialdo e Landolfo Cotta si rivolsero ai papi Stefano IX (1057-1058) e Niccolò II (1059-1061), i quali li accolsero ed anzi invitarono i propri Legati a Milano per due volte: alla fine del 1057, Anselmo da Lucca e il monaco Ildebrando, nel 1059, ancora Anselmo da Lucca e Pier Damiani. Questi ultimi ottennero dall'arcivescovo milanese Guido la promessa formale di attuare la riforma nella Chiesa ambrosiana. Nel frattempo, Arialdo aveva dato vita ad una comunità di chierici esemplari, costruendo per loro un'abitazione comune, detta «la Canonica», accanto ad una chiesa dedicata alla Vergine Maria, nella zona dell'attuale piazza Cavour. Inoltre, per il suo forte senso liturgico, Arialdo criticò sia l'uso di anticipare al mattino del Sabato Santo le funzioni della notte santa di Pasqua, sia l'uso di celebrare le Litanie Minori, in quanto contrarie allo spirito di letizia proprio del tempo pasquale. Nel 1061 avvenne un fatto decisivo: Anselmo da Baggio, un fondatore della Pataria, divenne papa col nome di Alessandro II (1061-1073), e nominò Erlembaldo (successore di Landolfo Cotta nella gestione della Pataria) gonfaloniere di Santa Romana Chiesa. Così, a Milano la lotta si riaccese e toccò l'apice nella festa di Pentecoste, il 4 giugno 1066, quando in duomo l'arcivescovo Guido si ribellò pubblicamente alla scomunica papale recapitatagli da Erlembaldo, si scagliò contro Arialdo e i suoi seguaci; inoltre, sfruttando il campanilismo milanese, li cacciò dalla città. Arialdo partì segretamente in viaggio per Roma, accompagnato da Erlembaldo. Ma i seguaci di Guido lo catturarono e lo condussero nel castello di Angera, da Oliva, una nipote dell'arcivescovo; la donna fece portare Arialdo in un isolotto del Lago Maggiore, dove il 27 giugno 1066 lo fece uccidere da due preti a lei fedeli. In seguito, Erlembaldo portò a Milano il corpo dell'amico e, durante la festa di Pentecoste del 1067, lo fece seppellire nella chiesa milanese di Sal Celso. Nello stesso anno papa Alessandro II, che sembra già annoverasse Arialdo tra i martiri, moderò lo zelo dei Patarini mandando a Milano una legazione che assolse Guido dalla scomunica, perché questi promise di attuare la riforma. Nel 1099, l'arcivescovo Anselmo da Bovisio traslò le reliquie di sant'Arialdo nella chiesa di San Dionigi, accanto a quelle di Erlembaldo. Nel 1528, i resti furono spostati nel duomo, dove furono ritrovati e ricomposti nel 1940 dal cardinale Ildefonso Schuster. (lb)