L'unica fonte relativa a san Tarcisio è un'epigrafe posta da papa Damaso (305-384) sulla sua tomba che testualmente riporta: «Mentre un gruppo di malvagi si scagliava su Tarcisio volendo profanare l'Eucaristia da lui portata, egli, colpito a morte, preferì perdere la vita piuttosto che consegnare ai cani rabbiosi le membra celesti di Cristo». Il papa Damaso lo ritiene un accolito; ma la funzione che esercita Tarsicius - portare l'Eucaristia ai fedeli - sembra piuttosto indicare un diacono; ciò concorderebbe con la prassi indicata dai padri della Chiesa san Cipriano e da san Giustino, nonché con la versione armena della Passio Stephani papae. Le sue spoglie furono sepolte nelle catacombe di Callisto, sulla Via Appia, con papa Stefano. Successivamente furono trasferite ai tempi di Paolo I (767) nella basilica di San Silvestro in Capite insieme a molte altre reliquie di martiri. Il suo culto riprese vigore nell'Ottocento in seguito alla pubblicazione del romanzo di Nicholas Wiseman Fabiola o la Chiesa delle catacombe, che ne tratteggia la figura di un intrepido adolescente. Nello stesso secolo Tarcisio, considerato come «il santo dell'Eucarestia», è stato scelto come patrono dei ministranti e degli aspiranti dell'Azione Cattolica. (ldn)