Avrebbe subìto il martirio sotto l'imperatore Antonino, il 5 dicembre 142, anche se altre fonti lo posticipano sotto il regno di Caracalla, quindi alcuni decenni più tardi. Sarebbe stato discepolo del presbitero Martino ed ebbe il grado di suddiacono (nella Chiesa latina, fino al 1972, il suddiaconato era il primo degli ordini maggiori, da cui cominciava l'obbligo del celibato e della recita dell'Ufficio divino: chi lo riceveva aveva l'ufficio di oadiuvare il diacono o il sacerdote all'altare; dopo la riforma di papa Paolo VI le sue funzioni sono state ricomprese nei cosiddetti «ministeri» dell'accolito e del lettore, contemporaneamente al ripristino del diaconato permanente, possibile anche per gli uomini sposati). La tradizione ricorda che i due santi Martino e Apollinare si dedicavano alla cura dei malati e compivano anche guarigioni miracolose, per cui accorreva da loro una gran moltitudine di gente. In seguito alla morte di Martino, Apollinare continuò da solo la sua missione, fino a quando la persecuzione contro i cristiani lo portò ad essere condannato: come in tanti racconti agiografici, la sua passione è ricca di episodi miracolistici di resistenza alle torture, tanto da essere, infine, decapitato. Sul suo culto e sulle notizie che lo riguardano, come per molti altri santi giuliano-istriani, dobbiamo riferire che sono di recente acquisizione, tanto da pensare che possano mescolarsi racconti di fatti avvenuti a cavallo delle due sponde dell'Adriatico, così da poterlo addirittura identificare con sant'Apollinare di ravenna, secondo alcune fonti. Per prudenza, dopo un'ultima ricognizione del 1986, sul luogo della presunta tomba, non potendosi con certezza individuare i suoi resti, si decise di non inserirlo con una memoria propria nel calendario diocesano triestino; infatti il 7 giugno è una memoria collettiva e il 6 dicembre è una festa locale. (sp)