Romolo (o Romolino) era diacono ed amministratore di Sabino, vescovo di Abelli, nei secoli V-VI, durante la dominazione degli Ostrogoti. Sin da fanciullo era dotato di una grande pietà e di ammirazione per i martiri, e fu molto devoto al suo vescovo, al quale, se fosse vissuto, sarebbe quasi certamente succeduto. Quando quest'ultimo morì, dalla sua tomba cominciò ad uscire un misterioso liquido, chiamato «manna», che operava prodigi e rendeva fertile la campagna irpina. Romolo raccolse in un'ampolla il tutto e lo conservò gelosamente. Quando morì, fu sepolto accanto al suo vescovo (e da allora venerato insieme con lui), nello «Specus Martyrum» (grotta dei Martiri), cimitero paleocristiano di Abellinum, ora inglobato nella chiesa dì S. Ippolito di Atripalda, noto monumento di archeologia cristiana dell'Irpinia. Nell'epigrafe latina posta sul suo sepolcro in questa chiesa si legge: «Egli aveva trovato nel vescovo Sabino il suo maestro, cioè colui che gli aveva fatto maturare la vocazione di seguire Cristo nella povertà evangelica. Ma Romolo non profittò di questa carica per sé, anzi aveva imparato dal suo vescovo a donare a tutti. Compì il servizio dei poveri con tale distacco dalla ricchezza e con tutta la gioia di donare che la comunità cristiana pianse la sua morte. La comunità cristiana riconobbe nel diacono Romolo il grande amore per il suo vescovo Sabino, modello di vita cristiana per l'esempio e la fede, e padre per l'affetto che gli portava. Il popolo notò la preghiera assidua davanti alla tomba del vescovo e ne rimase edilicato». Ancora oggi è grande la venerazione per questi due santi, sia ad Atripalcla, sia ad Avellino, dove si celebrano due feste: il 9 febbraio, giorno della morte di san Sabino; il 16 settembre, a ricordo della traslazione delle loro reliquie, fatta nel 1612 dal vescovo di Avellino Muzio Cinquini. (lb)