Pietro Levita (il termine «levita» indica liturgicamente la figura del diacono - NdR) nacque tra il 535 ed il 550. Secondo un'autorevole tradizione e alcuni codici liturgici medievali conservati nell'Archivio Capitolare di Vercelli, apparteneva alla famiglia dei Bulgaro, feudatari di Vittimulo, dal cui castello ebbe origine il Comune di Salussola (provincia e diocesi di Biella). Quand'era ancora giovane, sarebbe andato a Roma per perfezionare gli studi. Pietro conobbe il futuro papa Gregorio Magno - monaco secondo la Regola Benedettina, più anziano di qualche anno - mentre era studente di lettere e filosofia. Tra loro nacque una profonda amicizia e anche Pietro si fece religioso. Nel 577, papa Benedetto I (+ 579) lo nominò cardinale (ovviamente, all'epoca il termine aveva significato diverso da quello odierno: indicava il religioso «incardinato» in una chiesa principale per lo svolgimento di importanti servizi). Quando Gregorio fu eletto papa il 3 settembre 590, tra le sue prime decisioni ci fu quella di inviare Pietro, divenuto suddiacono, in Sicilia come suo vicario. Nell'isola, infatti, Gregorio aveva fondato diversi monasteri e il patrimonio della Chiesa era considerevole. La prima lettera del nutrito epistolario di quel pontefice fu indirizzata a tutti i vescovi siciliani per presentare il suo vicario; ne seguirono altre, molte delle quali indirizzate direttamente a Pietro. Papa Gregorio usa espressioni lusinghiere quando scrive di lui. Nelle lettere, a volte ironiche, si affrontavano problemi pratici: confini di terreni, donazioni, usura, tangenti, assistenza ai poveri, costumi del clero, costruzione di chiese e cariche ecclesiastiche. Non mancavano, in ogni caso, rimproveri od ordini da eseguire con sollecitudine (all'epoca la Sicilia riforniva lo Staro della Chiesa di grano, e l'eventuale mancanza poteva causare tumulti e sommosse). Pietro si fermò nell'isola dal 590 al 592, con probabile residenza principale a Siracusa. Poi, ricoprì lo stesso incarico in Campania per un anno, e dopo ancora si stabilì definitivamente a Roma, dove fu nominato diacono. La saggezza di Pietro doveva essere davvero grande se poteva ricevere le confidenze del pontefice, divenirne suo segretario e collaborare alla stesura di scritti per i quali Gregorio sarà chiamato Magno. Il papa morì il 12 marzo 604 confidando al fedele segretario che alcuni avrebbero cercato di distruggere le sue opere. Pietro lo rassicurò che l'avrebbe impedito in tutti i modi. Il pericolo diventò concreto un anno dopo, a causa di una sommossa popolare causata dalla carestia. Si era diffusa la notizia che Gregorio avesse impoverito la Chiesa per la sua eccessiva prodigalità verso i poveri. Pietro difese gli scritti dal rogo, rivelando che erano stati ispirati divinamente ed era pronto a giurarlo sulla Sacra Scrittura, dal pulpito della basilica Vaticana; se fosse morto all'istante, quella era la verità. Così, in una chiesa gremita, Pietro mantenne la promessa e stramazzò al suolo come colpito da un fulmine: era il 30 aprile 605. Il gesto di Pietro salvò testi che oggi sono patrimonio di tutta la cristianità. Pietro fu sepolto presso il campanile della basilica, poco distante dal suo maestro e amico; ma due secoli dopo i suoi resti furono trafugati e portati nel castello di Salussola. Dopo varie vicende (il castello in rovina, la nascita di un monastero attorno al Mille e la sua soppressione nel 1782), le reliquie furono trasportate nella chiesa parrocchiale di Salussoglia. La memoria del beato Pietro Levita fu stabilita al 12 marzo. Il Comune di Olcenengo (Biella) nel 1484, durante un'epidemia di peste, fece voto di condurre un pellegrinaggio annuale al santuario di Salussola per venerare il beato Pietro Levita. Il voto fu continuato senza interruzione, neppure per eventi bellici, sino ai nostri giorni. Vi è, inoltre, tradizione di un miracolo avvenuto a Olcenengo: una bambina sordomuta si era recata a pascolare le oche fuori paese; qui le apparve il beato Pietro Levita che la guarì. Sul luogo dove si è verificato il miracolo è stata eretta una cappella. (lb e ldn)