Nella confusione politica che accompagnò gli ultimi decenni dell'Impero Romano d'Occidente (e quelli successivi alla sua definitiva caduta nel 476), anche le dispute religiose furono utilizzate per scopi di potere e di ricchezza. In quel contesto, le terre del Nord Africa, che già pagarono un alto contributo di sangue per le persecuzioni che precedettero l'editto di Milano del 313, col quale finalmente Costantino consentì la libera professione del cristianesimo, videro nuovi martiri (e non sarebbe stata l'ultima volta, purtroppo). Nel 484, il re vandalo Unnerico perseguitò le chiese e le popolazioni che non aderivano all'arianesimo, nonostante questa eresia (che «subordinava» il Figlio al Padre, non mettendoli cioè sullo stesso piano trinitario) fosse già stata condannata nel Concilio di Nicea del 325; ma, appunto, le ragioni di quelle guerre non erano di natura teologica o religiosa, ma solo di espansione e di controllo territoriale. Molti furono gli esiliati, che portarono in Europa il racconto di quei fatti, altrimenti non documentabili, e molti furono anche i martiri, addirittura migliaia, tra i quali si ricordano i vescovi Eugenio e Vindemiale e l'arcidiacono cartaginese Ottaviano. Il titolo di «arcidiacono» compare già nei primi secoli del cristianesimo, indicando una figura con compito di economo o di coordinamento degli altri diaconi per conto del vescovo; successivamente assunse compiti via via più importanti, tanto che l'incarico veniva normalmente assegnato ad un presbitero. Con l'andare del tempo, però, perse funzionalità e ruoli, ed oggi, ove raramente è ancora presente, ha caratteristiche prevalentemente onorifiche. (sp)