Le informazioni su questo diacono sono scarse. Ilario e il presbitero Valentino sarebbero giunti nella Tuscia dall'Oriente e sarebbero stati ospitati nella casa di Eudossia. È difficile accertare il loro ruolo, ma, considerata la loro dignità, forse erano addetti alla cura di una chiesa rurale. In ogni caso, furono arrestati dal proconsole Demetrio, che applicò l'editto di Diocleziano (+ 313). Poiché i due non abiurarono, furono condannati a morte, mediante affogamento nel Tevere. Secondo la leggenda, Ilario e Valentino furono salvati da un angelo e di fronte all'intervento miracoloso i loro aguzzini si convertirono; poi, i due si ripresentarono al proconsole che, infuriato, ne ordinò la decapitazione. Secondo una passio del secolo VIII, invece, furono martirizzati vicino al ponte Camillarius (sul quale passava la consolare Via Cassia) e sepolti non molto lontano, il 3 novembre 306. Un'altra leggenda, infine, vuole che anche Demetrio si sia convcrtito prima di morire. Un documento del 788 riferisce di una «cella s. Valentini in Silice», cioè una chiesetta con sepolcro posta sulla Via Cassia, a due chilometri da Viterbo. Il documento non nomina il diacono Ilario, ma lì cera anche il suo corpo, perché Sicardo, abate di Farfa (Rieti) negli anni 831-842, trasportò i resti di ambedue i martiri nella chiesa dellabbazia. I corpi dei due rimasero in quel luogo sino al 17 gennaio 1303, quando le reliquie furono traslate nella cattedrale di Viterbo, dove ancora si trovano. Alcuni antichi Martirologi portano la celebrazione al 4 novembre, mentre altri, compreso il Romano, la indicano al 3 novembre. Il diacono Ilario è compatrono di Viterbo con il presbitero Valentino e con il diacono Lorenzo. (lb)