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ALESSANDRO Perrini, padre di Carlo, appartenne al ceto medio (il suo genitore Domenico era notaio)
e condusse vita multiforme, avventurosa; fu terriero, industriale, commerciante e finanche sindaco,
dal 1837 al 1841, ed a questa carica attese con diligenza e previggenza. Egli era di tendenze borboniche
e godeva della simpatia ed appoggio di buona parte della cittadinanza conservatrice, la quale,
non tollerando l'eccessiva opposizione denigratrice fattagli dal Partito Liberale - capeggiato
dall'avvocato Vito Turi - lo elesse, per reazione, sindaco di Alberobello.
Sua moglie Rachele Fedele da Martina Franca erasi recata a visitarlo in Noci (dove egli temporaneamente
gestiva un molino), quando, inattesamente, lo rese padre di Carlo, ultimo dei suoi quattro figli.
Il piccolo Carlo apprese i primi elementi scolastici in Alberobello, poi - come si usava dalle
popolazioni di quella plaga - studiò nel seminario di Conversano, dove non s'indagava troppo sulla
vocazione spirituale dei ragazzi che, volenti o nolenti, venivano ivi educati. Indubbiamente
quell'ateneo era eccellente per studio e per morale, ma non sempre in armonia con le tendenze
dei giovani e Carlo Perrini si rivelò, in seguito, come uno dei discordi. Comunque, egli vi fu
ordinato sacerdote nel 1854, dal Vescovo Mucedola e, ritornato in famiglia, condusse vita pia e
incensurabile, dedicandosi inoltre all'insegnamento elementare dei ragazzi della borgata Coreggia
(dove i suoi genitori possedevano la casa, dei poderi e un molino) ed ali' insegnamento dei privatisti di Alberobello.
Carlo era un giovane di grande volontà e di grande fattività; come tale non si arrestò nei suoi
studi e coltivò specialmente quelli delle Scienze Naturali, per i quali aveva una particolare
disposizione e, con le sue innate facoltà autodidattiche, si preparò alla chetichella per laurearsi
in quella disciplina. Superò brillantemente i relativi esami nell'Università di Napoli, nel 1861.
Questa improvvisa vittoria stupefece i suoi ignari concittadini ; e una sorpresa ancor maggiore
essi si ebbero quando seppero che, in quello stesso anno, aveva deposto l'abito talare ed era
entrato nell'insegnamento della Storia Naturale nel Ginnasio-Liceo di Altamura.
Egli aveva subito il fascino della nuova dottrina del Libero Pensiero e, come Baldassarre Labanca,
Antonio Franchi, Donato Jaia, Roberto Ardigò e altri, che avevano abbandonato il sacerdozio per
seguire la nuova teologia, cosi aveva fatto egli attenendosi al principio: «meglio spogliarsi,
anzicchè essere un cattivo prete».
Fu chiamato «l'Ardigò delle Puglie», ma erroneamente, poiché l'Ardigò era un filosofo e insegnava
Storia della Filosofia nell'Università di Padova, mentre il Perrini era un naturalista e insegnava
Scienze Naturali e Fisiche nelle Scuole Medie Classiche; quegli abiurò nel 1871, mentre questi lo
aveva fatto dieci anni avanti; quegli, avendo la coscienza in contrasto con la ragione, si suicidò
a 92 anni, nel 1920; questi si ravvide e mori, un anno prima, a 89 anni, cristianamente, come ne
fece fede il prof. sac. D. Vincenzo Moffa che gli somministrò i Sacramenti. In tutto e per tutto
il Nostro precede con autonomia, senza imitare, né seguire in alcuna guisa il Cremonese, talché
la similitudine fra i due professori non regge.
La carriera scolastica del Perrini si svolse nei Ginnasi-Licei di: Altamura, dal 1862 al 1873;
di S. M. Capua Vetere, dal '74 al '90, nel quale periodo ebbe anche funzioni di Preside; di Trani,
dal '91 al 903; di Benevento, dal '904 al '914, quando fu collocato a riposo, insignito della Croce
di Cavaliere d. C.I. per lodevole servizio prestato. Il breve resto della sua vita lo trascorse in
Benevento stimato e rispettato, ed ivi si spense, addì 2 febbraio 1919, fra il cordoglio generale
e gli elogi funebri del Preside Arvibene e di due professori che ne esaltarono le doti d'insegnante,
di cittadino e di studioso.
Le sue pubblicazioni furono numerose e svariatissime. Esse attestano la versatilità e fertilità del
suo intelletto; soprattutto dimostrano la vastità del suo sapere e la sua grande laboriosità, che
mai conobbe cosa fosse l'ozio. I suoi libri trattano di Didattica, Scienza, Storia, Chimica,
Mineralogia, Geologia, Botanica, argomenti morali riflettenti l'uomo, il cittadino, il mondo,
la scuola, la Religione, ecc. ; tutti soggetti di alta importanza che non potevano non richiamare
l'attenzione degli studiosi e dei critici che, talvolta, gli lanciarono contro strali pungenti.
Ma il Perrini non si perde di animo e difese animosamente le sue concezioni filosofiche della
vita, del mondo e dell'uomo. La sua molteplice opera, considerata complessivamente, rivela un
contenuto ideologico notevole per la sua profondità filosofica che, pur se risente di razionalismo,
non manca di originalità d'ispirazione e di nobiltà di aspirazione.
BIBLIOGRAFIA.
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3. - "Del linguaggio di azione, parlato e scritto». Prato, 1867.
4. - « Storia della Filosofia ». Firenze, 1869.
5. - < Origini e progressi della Chimica ». Discorso. Tip. Lucana, Matera, 1872. Pagine 16.
6. - « Trattato di Mineralogia». Matera, 1873.
7. - «Corso di Chimica Moderna». In due volumi. Barletta, 1875.
8. - « Corso di Fisica Terrestre». Napoli, 1881.
9. - «Botanica Descrittiva». Napoli, 1883.
10. - «Zoologia Descrittiva». Napoli, 1883.
11. - « Struttura Organica». Napoli, 1883.
12. - « Mineralogia e Geologia ». Napoli, 1883.
13. - « Fisica Terrestre». Napoli, 1883.
14. - «Il buon Cittadino». Libretto di temi e di premio. Domenico Morano, Libraio Editore, Napoli, 1886.
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21. - «La Psiche Umana». "Trattato di Filosofia del Libero Pensiero". Benevento, 1905.
22. - «Il mondo della Psiche Umana». Ariano, 1914.
CRITICA.
Giandomenico Viglione, Arciprete di Molinara (Benevento): Risposta sommaria al Prof. Perrini
in confutazione del suo libro sulla "Psiche Umana". Tip. Editrice Forche Caudine.
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