Suoi genitori furono D.Ferdinando e D.Maria Francesca Selvaggi. Trascorse la fanciullezza in Locorotondo, dove i genitori possedevano delle proprietà. Ebbe un unico maestro, il Sac. D. Martino Sportelli, che gl'insegnò a leggere, a scrivere e a far di conto.
All'età di 17 anni, avendo suo padre dissipato i propri beni, fu costretto ad arruolarsi come volontario nelle milizie del Borbone. Nei momenti liberi studiava da sé, ma la disciplina tremenda del Colonnello Pianell lo terrorizzò in maniera tale da fargli escogitare il mezzo per farsi congedare per malattia.
Ritornato a Locorotondo, trovò che i suoi genitori erano morti, lasciandolo orfano e senza il becco di un quattrino. Trovò indi da allogarsi presso una principessa, in Napoli, in qualità di precettore dei di lei figliuoli. Ma non vi potè rimanere a lungo, poiché fu richiamato a Locorotondo dalla zia Marianna Del Prete, la quale gli prometteva di nominarlo suo erede universale. Ma, nel frattempo del viaggio, costei aveva modificato il testamento, lasciando la maggior parte delle sue sostanze alla Chiesa e ben poca cosa al nipote Placido.
Giovane oramai e bramoso di dedicarsi alla carriera artistica teatrale, entrò in una compagnia drammatica giròvaga, presso la quale fece da attore e nel contempo da autore. Dopo qualche tempo, capitò in Alberobello, dove, avendo contratto diverse amicizie, decise di rimanervi, abbandonando la compagnia teatrale. Quivi sposò Barbara Romano, leggiadra ragazza di 21 anni, ed egli cominciò a fare il maestro di scuola, distinguendovisi oltremodo. Per dieci anni visse tranquillamente, poi Barbara gli morì.
A 36 anni di età, passò a seconde nozze con la diciottenne Luigia Pagliarulo, pure di Alberobello. In quel torno di tempo diede alle stampe il suo primo dramma: «I Santi Medici», che in breve, rimase esaurito. Pubblicò indi: «Elena», dramma vigoroso di concetti, ma troppo lungo e non rappresentabile; malgrado i suoi pregi letterari, non ottenne l'esito librario del primo.
A 40 anni, ebbe impiego nelle scuole comunali di Locorotondo, dove insegnò per diversi anni, durante i quali scrisse e pubblicò altri due drammi: il «San Rocco» e il «Riccardo», che furono venduti con lentezza. Occorre rilevare che le pubblicazioni venivano fatte per conto dell'autore e, quando esse non si smerciavano, il danno sopportato da costui era doppiamente grave: per la redazione fatta e per l'edizione pagata. Il pubblicare era, in quel tempo, una impresa veramente ardua.
L'ultimo suo libro fu di carattere ascetico: «Un regalo della Madonna»; il quale raggiunse in breve la quarta edizione e può considerarsi il suo migliore lavoro.
Infermatosi, fece ritorno in Alberobello, dove mori addi 5 luglio 1903, chiudendo la sua vita non poco avventurosa.

BIBLIOGRAFIA.

1. - «I Santi Cosmo e Damiano». Dramma storico in 5 atti. Unione Tipografica Editrice, Torino; 1873. Pp. 52, L. 0,75.
2. - «Elena». Dramma in 5 atti. Stab. Tip. Enrico Politti, Milano ; 1875. Pp. 80, L. 1,00.
3. - «San Rocco da Monpellieri» o il Cattolicesimo unica Religione del mondo.
Dramma in 4 atti. Successori Le Monnier, Firenze; 1888. Pp. 44, L. 0,60.
4. - «Riccardo». Dramma storico in 4 atti. Inedito.
5. - «Solo nel Cattolicesimo la vera grandezza». Dramma in 4 atti. Tip. Michele Qambella, via Bellini, 27-28, Napoli; 1894. Pp. 48, L. 0,50.
6. - «Un regalo della Madonna». Preghiere. IV edizione. Stab. Tip. C. Ippolito, Martina Franca; 1901. Pp. 344, L. 1,10.

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