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ERA fratello di Antonio, qui avanti descritto, e, come lui, studiò nello stesso seminario,
dove fu ordinato sacerdote dal Vescovo Mucedola, nel 1849. Aveva disposizione per l'oratoria
sacra e ne diede prova per due anni come quaresimalista. Poi, per causa di una predica apologetica
del Liberalismo, si ebbe dal Governo Borbonico la sospensione dalla predicazione e soffri anche il confino in Trani.
Ritornato libero, si dedicò con buon successo all'insegnamento dei figli di parecchie
famiglie benestanti. Inoltre, imitando i Benedettini nell'Ora et Labora, introdusse e
diffuse nel suo paese la viticoltura e vi iniziò uno stabilimento vinicolo. Più tardi
fu coadiuvato in questa impresa da suo nipote l'Avv. Angelo, il quale, deposta la toga,
sviluppò in Alberobello un moderno vinificio che, per importanza e grandezza, fu tra i primi
della provincia. Zio e nipote crearono varie apprezzate specialità vinicole - il Malvasia
Almavilla, il Concentrato Alberobello, il Passito, la Verdera - che furono premiate in concorsi
regionali, in mostre nazionali e meritarono il Grand Prix dell'Esposizione di Milano del 1906.
Vito Agrusti, al pari del fratello Antonio, fu amante e cultore delle memorie cittadine, curò
un conciso Diario che va dal 1853 al 1866; scrisse un breve compendio del Brigantaggio Pugliese
dell'Ottocento; e le «Memorie Storiche di Alberobello», che particolarmente trattano la storia comunale del paese.
La figura di Don Vito emerge per il suo animo forte e nel contempo mite, per il suo patriottismo,
per lo zelo sacerdotale, per l'amore della storia, per essere stato pioniere della viticoltura,
valente enologo e per la sua grande, multiforme attività.
BIBLIOGRAFIA.
1. - « Diario dal 1853 al 1866 » (mancano gli anni '55, '56, '65). MS.
2. - «Memorie Patrie di Alberobello: Brigantaggio». Pp. 50 MS. Formato quaderno scolastico. Anno 1895.
3. - «Memorie Storiche di Alberobello». MS. Pp. 239 formato protocollo. In esse è narrata la storia
municipale di Alberobello, dal sindacato di Francesco Lippolis, nel 1799, al sindacato di Rodolfo
Acquaviva, nel 1870; poi le memorie si arrestano lasciando l'opera incompiuta.
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