Parrocchia Santi Cosma e Damiano - Storia

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Statue dei Santi

COSMA e DAMIANO

Campanili

 

Portale

delle Beatitudini

 

Abside con Altare Maggiore

 

Pannello Altare

Resurrezione fra i trulli

 

 

 

Immagini di Francesco De Biase

I Santi guariscono ammalati

Martirio nelle fiamme

La gloria

 

 

Il culto dei Santi Medici COSMA e DAMIANO in Alberobello

Quella mattina di settembre 1636 il conte Giangirolamo preferì allontanarsi da solo per i campi: aveva dormito male, tormentato dal caldo e da strani sogni sulla sua silva.
Nato nel 1600, appena sedicenne aveva ereditato dal padre Giulio I° Acquaviva d'Aragona il titolo di Conte di Conversano, duca di Noci e di Nardò.
Il conte amava queste colline, i loro frutti, i loro profumi.
Già da tempo, contravvenendo alle disposizioni della corte di Spagna, aveva prescritto ai sudditi di costruire casette di pietra, a forma di cono; e già da un anno, intorno ad alcuni trulli, aveva fatto costruire una comoda casina, attrezzata di un mulino, di un forno e di una beccaria.
Alla costruzione era annesso un oratorio. Sull'altare, un dipinto raffigurava i Santi Medici con al centro la Madonna di Loreto.
La passeggiata del conte, intanto, continuava: che fare per quei buoni contadini, per tenere viva la loro fede? Una piccola chiesetta dedicata ai Santi Cosma e Damiano, i protettori del conte, esisteva già dal 1609, ma ancora senza una devozione.
Nasce un'idea: una processione , un corteo religioso lungo la selva, in onore dei Santi e della loro bontà.
E così il 27 settembre, considerato il giorno del martirio di Cosma e Damiano, gli abitanti del posto, con gli Acquaviva e con gli altri gentiluomini e nobildonne, tra i fuochi delle torce, offrono la propria lode ai due martiri.
Di anno in anno il culto si fa sempre più vivo e sentito. Giangirolamo muore nel 1665: da allora in poi i selvesi daranno vita alla commemorazione dei due santi, portando in processione un nuovo quadro più piccolo, dalla loro chiesetta rurale tra le case e i campi del borgo.
Don Francesco Gentile è il nuovo cappellano della chiesetta della antica Alberobello. È succeduto a Pietro Di Leo, il primo sacerdote che la comunità del piccolo borgo ricordi.
Nel 1663 don Francesco ha 36 anni, e il 5 marzo riceve in visita ispettiva da Conversano l'arciprete Nicola Antonio De Tintis, della collegiata di Noci.
Il vicario trova alcune cose lodevoli, altre troppo consunte dal tempo, ed ordina un ammodernamento: il piccolo altare di legno, in particolare, andrà ingrandito entro 15 giorni.

Altri anni passeranno: man mano che la devozione ai Santi Medici continua a crescere, si pensa ad ampliare anche la chiesetta, sempre con il contributo straordinario di tanti fedeli, soprattutto a partire dal 1725.
Neppure il vecchio quadro è più sufficiente a ricevere l'onore dei fedeli: un contadino devoto, Giuseppe Domenico Rinaldi, fa scolpire nel legno due statue raffiguranti Cosma e Damiano . Era il mese di maggio del 1782: un anno di penosa siccità, che aveva portato la desolazione tra gli abitanti della selva. Tutti erano accorsi lungo la strada per accogliere la statua di San Cosimo, fatta scolpire ad Andria: una sola voce, un solo pianto straziato supplicava la grazia della pioggia.
La statua non riuscì a giungere in chiesa: appena raggiunto il centro abitato, il cielo parve aprirsi: né lampi, né tuoni, ma acqua a dirotto. Una benedizione di Dio, il primo dono di San Cosimo al suo nuovo popolo di devoti.

Non era il primo evento straordinario che accadeva nel mese di maggio: appena qualche anno prima, la corona del Regno delle Due Sicilie era passata nelle mani di Ferdinando IV di Borbone, sovrano che amava il contatto con il popolo. La corte reale si trovava in viaggio in Puglia, in quella primavera del 1797.
Al re, che a Taranto era ospite dell'arcivescovo Capecelatro, si presentarono sette coraggiosi alberobellesi: chiedevano la libertà dal potere dei conti Acquaviva d'Aragona.
Il re, benevolo, promise che li avrebbe esauditi. Dopo un sopraluogo, il 27 maggio 1797 un Reale Dispaccio trasformava la selva in città regia, libera, con il nome di ALBEROBELLO.

Le disposizioni erano state chiare: Alberobello doveva avere la sua parrocchia, indipendente da quella di Noci. Una parrocchia, però, ha l'evidente bisogno di un parroco che l'amministri. Vito Onofrio Lippolis è un uomo di grande talento, ma soprattutto gode della stima e del rispetto dell'intera popolazione del paese. Il 22 aprile 1814, don Lippolis diviene il primo arciprete parroco di Alberobello.

Il culto dei Santi Medici, grazie al carisma del nuovo parroco, diviene ancora crescente. L'arciprete nel 1816 migliora il suono della campana, ne fa costruire una nuova e dopo quattro anni ben altre due, affinché il richiamo della casa di Dio arrivi ancora più lontano: uomini e donne, ricchi e poveri contribuiscono con devozione ed entusiasmo alla fusione delle campane, gettando nel bronzo pezzi d'oro e d'argento, poveri ornamenti e gioielli che la povertà generale rendeva preziosi.

Nel 1820 la festa si espande di altri giorni; nei due che la precedono nasce la fiera. Le processioni sono sempre più affollate di devoti: tutti i parrocchiani, nessuno escluso, come i tanti forestieri dei comuni limitrofi sentono che Dio è con loro. I Santi Medici non sono mai stanchi di intercedere di fronte alle loro umili richieste; le frequenti siccità vengono puntualmente dimenticate con abbondanti piogge, la medicina allora conosciuta resta povera cosa di fronte alle innumerevoli guarigioni perpetrate.
La preghiera fervida, la musica delle bande aggiunge gioia ed emozioni nei giorni della festa. Nascono le confraternite, rette con tenacia da devoti attenti ed instancabili. Nel 1853 viene umilmente richiesto a Pio IX di dichiarare i Santi Medici Cosma e Damiano patroni di Alberobello.
Il 22 maggio 1854 il Rescritto pontificio decreta a Santi protettori del borgo dei trulli i santi fratelli di Egea, Cosma e Damiano. La festa del successivo 27 settembre diventa sublime; grandi festeggiamenti, insieme al tesoro dell'indulgenza plenaria elargita a tutti i fedeli, rendono quell'anno indimenticabile.

Domenico Morea, nato ad Alberobello nel 1833, grande storico e storiografo locale, diventa arciprete del paese nel 1868. Nel 1873 consacra un nuovo altare, mentre entro il 1875 viene completata la costruzione di un nuovo campanile.
All'architetto e concittadino Antonio Curri, l'Amministrazione Comunale affida il progetto di una nuova struttura esterna della chiesa dedicata ai Santi Medici e, particolarmente, della facciata.
Il progetto, presentato in breve tempo dall'artista, appare subito maestoso. Con una solenne cerimonia, il 12 novembre 1882 alla presenza delle maggiori autorità viene posta la prima pietra del monumentale rifacimento.

Il santuario accoglie pellegrini, devoti e visitatori a conclusione del corso principale del paese. Lo stile della facciata è a impianto neoclassico. La luce che la colpisce viene accolta e morbidamente distribuita dalla pietra locale, variamente scolpita e lavorata. Attraverso due serie di gradinate si giunge al portico d'entrata. Il portale delle Beatitudini, opera in bronzo del 1975 del maestro Rollo, ricorda a tutti coloro che varcano la soglia del santuario le mete della vita cristiana secondo il Vangelo. Due colonne lisce con due capitelli di stile composito sostengono la cornice della volta. Del 1973 è la lunetta del maestro Rollo che riproduce Gesù crocifisso in mezzo alla Vergine, S. Giovanni, i santi Pietro e Paolo e i Santi Medici. La successione di geometrie della facciata è alleggerita ed ingentilita da numerosi particolari scolpiti nella duttile pietra locale calcarea e dalle graziose finestre bifore. Dei santi Pietro e Paolo sono le statue di pietra, situate in alto sui due lati della quinta, tra i campanili. I due campanili, che accolgono l'uno un orologio, l'altro una meridiana, sono formati da celle sovrapposte. È facile notare che ogni facciata dei campanili riproduce in scala la parte centrale del prospetto, opera di un artista per il quale l'architettura, secondo le parole del napoletano Salvatore Di Giacomo, seppe diventare poesia.
L'interno della chiesa è stato rifatto negli anni '60: la decorazione complessiva fu affidata al maestro Torchiano, artista di Bitetto.

La chiesa è a croce latina: la parte longitudinale, infatti, è più lunga di quella trasversale. La cappella del Santissimo si trova nel braccio destro. Al di sopra dell'altare, il quadro dell' Ultima Cena è del pittore locale Marco Sgobba.
Di fronte alla cappella del Sacramento si trova dal 1979 il trittico Gesù Maestro, di Onofrio Bramante. I riquadri presentano Gesù dodicenne che insegna nel tempio di Gerusalemme, il discorso della montagna, Gesù nella sinagoga di Cafàrnao.
Nel semicerchio del braccio, sull'altare barocco in pietra simile all'altro che si trova dirimpetto, una serie di cinque quadri raffigura la Madonna con il bambino in mezzo ai Santi. Come gli altri cinque quadri del braccio opposto, sono opera di Adolfo Rollo.
Al centro del Santuario è posto l' altare in granito, nel quale sono incastonate sei formelle di bronzo, così poste: (sul lato sinistro) Annunciazione; (sul frontale) Crocifissione; Resurrezione (fra i trulli); Ascensione; (sul lato destro) Discesa dello Spirito Santo; (posteriormente) Sintesi del Concilio Vaticano II. Alla base, la scritta in mosaico dorato ci ricorda "che Gesù si è immolato per noi, che l'altare è dedicato ai Santi Cosma e Damiano, che la sua costruzione risale alla chiusura del Concilio Vaticano II". Il crocifisso pensile, posto al di sopra dell'altare centrale, che ci ricorda e ricopia i crocifissi medioevali, è un'opera del Rollo del 1976. Nei pennacchi dei quattro pilastri centrali, il Torchiano dipinse i quattro Evangelisti con i loro simboli tradizionali: l' angelo per Matteo, il leone per Marco, il bue per Luca, l' aquila per Giovanni.
Nel presbiterio, la vita dei Santi Cosma e Damiano è ripercorsa dalle pitture dell'abside: eseguite da Francesco De Biase, ricopiano gli affreschi del Finoglio che si trovano nella chiesa di San Cosma di Conversano.
Il coro ligneo proviene da una chiesa di Fasano.
Ecco le due statue di legno di Cosma e Damiano. Quella di San Cosma fu scolpita nel 1782 dall'Antolini di Andria, quella di San Damiano nel 1784 dal Tammurro di Rutigliano. Al centro, il reliquiario conserva un frammento del braccio di San Cosma ed un altro del cranio di San Damiano.
Nel braccio sinistro della chiesa il grande quadro di Onofrio Bramante rappresenta Gesù sofferente che consola i malati; nella nicchia è situata un'artistica acquasantiera in alabastro, dono degli emigrati alberobellesi in Argentina.
La pianta del santuario è stata originalmente ripresa dalle canne del grande Organo, costruito da Gustavo Zanin, che è stato inaugurato il 27 maggio del 1987.

Alberobello, unica al mondo per la sua straordinaria architettura, è anche punto di riferimento per la fede: 361 anni di devozione ai Santi Medici parlano di un culto che è andato sempre crescendo, fino a far confluire nel santuario folle immense.
È un flusso inarrestabile di fede, un grande momento per l'affermazione dei valori dello spirito e della religiosità. Il Concilio Vaticano II ha determinato una svolta nel culto dei santi, ricollegandolo al mistero centrale della morte e risurrezione di Cristo, del quale i santi e i martiri sono testimoni.
La festa in onore dei Santi fratelli di Egea è un'occasione privilegiata di meditazione. Si sente nell'aria il bisogno di riprendere il cammino ripartendo da Cristo, con l'aiuto dei santi, perché la vita sia più serena e luminosa.

I fratelli Cosma e Damiano non hanno mai smesso di essere celebri: l'imperatore Giustiniano, guarito dopo una loro apparizione, dedicò loro un magnifico tempio nella città di Costantinopoli. Anche a Roma san Felice papa, intorno all'anno 528, fece edificare una chiesa intitolata ai famosi medici.
Nascono in Egea, città dell'Arabia, nel terzo secolo dopo Cristo, da genitori cristiani.
La madre Teodora, rimasta presto vedova a causa delle persecuzioni di quegli anni, educa alla fede in Gesù Cristo Cosma, Damiano e altri tre figli.

Cosma e Damiano si distinguono nell'arte della medicina. Ben presto le guarigioni si fanno numerose e la loro fama si estende.
Vicini ai più poveri nel nome di Cristo, non accettano alcun compenso: perciò sono chiamati anàrgiri, che significa senza denari.
La notorietà dei due medici li porta per primi davanti al prefetto Lisia, incaricato dall'imperatore Diocleziano di indurre coloro che si dicono cristiani a rinunciare alla propria fede. Cosma e Damiano, però, non si arrendono e Lisia decide di farli torturare. Per intervento divino, ogni tipo di crudeltà risulta inefficace: in preda alle fiamme, agli aculei, alle pietre e alle frecce, Cosma e Damiano ne escono indenni. Lisia, a quel punto, decide per la decapitazione.
Cosma e Damiano trovano la morte e la gloria del cielo il 27 settembre del 303, lasciando alla memoria ed all'esempio dei cristiani di ogni tempo la loro testimonianza di carità e di fede.

La nostra storia si va concludendo.
Rivolgeremo ancora un pensiero di lode ai martiri protettori Cosma e Damiano, ascoltando una memoria e una speranza che si rinnovano ogni volta che facciamo ingresso nel Santuario.

A Dio Ottimo Massimo.

Questo tempio finora umile cappella troppo angusta tra querceti e capanne dedicata alla Vergine Immacolata Madre di Dio e ai Santi Martiri Cosma e Damiano dagli umili coloni assoggettati al giogo feudale quindi finalmente liberi cittadini di Alberobello soddisfacendo al decoro della religione e della città in auge più di una volta con le offerte raccolte rifecero dai ridotti spazi rimuovendo l'antico squallore ed ora abbellitolo con denaro pubblico del frontale e del portico attraverso cui appare maestoso l'ingresso opera dell'architetto alberobellese Antonio Curri affidano ai posteri perchè venga abbellito ancor di più. Nell'anno del Signore 1885.

(tratto dal documentario "Il culto dei SS.Medici di Alberobello", scritto e diretto da Vito Amodio - riproduzione vietata)

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