Carla ZICHETTI
Profilo biografico

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Loreto, 13/7/2012

Carla Zichetti, nata il 30 marzo 1923 a Sant'Ilario Ligure da Facondio Dino e da Lina Vecchi, insieme alla sorella più piccola Lella, è rimasta da bambina orfana della mamma, morta all'età di 33 anni di tubercolosi.
Frequentano le scuole elementari, prima, a Sant'Ilario e, poi, a Modena, dove rimangono fino al 1941 presso l'«Educatorio Provinciale “San Paolo”».
Durante questo periodo, oltre al conseguimento del diploma della scuola commerciale, i cui studi sono sostenuti dal padre, in Carla matura una formazione caratteriale di responsabilità e di consapevolezza di dover affrontare i sacrifici e superare le asprezze, che derivano dalle condizioni insite in una vita di collegio, priva di quegli affetti e di quelle tenerezze che solo i genitori, soprattutto la mamma, e i familiari sanno effondere ed elargire.
Infatti, quando in collegio riceve la visita di nonna Carolina; quando, durante le vacanze estive, trascorre giorni a Castellarano, alternandosi con la sorella, nella campagna di zia Giusta e quando, infine, nelle vacanze natalizie e pasquali insieme a Lella è ospitata dalla nonna e dai suoi tre figli, gli zii Giannina, Miry e Nino, assorbe momenti di grande felicità. Ancor più, allorché, malata, vive in casa della nonna, dove trova tutto il calore umano.
In riferimento al suo personale progetto esistenziale vive una svolta decisiva a 14 anni, mentre legge l'autobiografia di Santa Teresina del Bambin Gesù, Storia di un'anima.
È talmente presa, che, quando di notte non riesce a dormire, si alza e, in ginocchio vicino al letto, prega: «Angelo mio custode, va da Gesù sacramentato e digli che L'amo, che è il mio tesoro e che a Lui dono il mio cuore».
È il primo richiamo del Signore!
Nel 1941, in pieno svolgimento della guerra, insieme a Lella lascia l'«Istituto» per abitare a Genova presso la casa del padre, nel frattempo sposatosi, ma a causa dei continui bombardamenti, si recano a Modena, ospitate presso la casa della «Protezione della giovane», sempre seguite dall'affetto della nonna e degli zii.
Zia Miry, essendo parrucchiera, tramite sue conoscenze fa assumere Carla, con funzioni amministrative, presso una fabbrica di essiccamento di frutta e verdura, di proprietà di un ebreo, trasferitosi in Svizzera a seguito delle leggi razziali.
Cominciano i bombardamenti anche a Modena, per cui travagliata è la vita. Durante le ore trascorse nei rifugi antiaerei, Carla diventa promotrice di preghiere.
Questa esperienza e il rischio della chiusura della fabbrica accelerano in lei la convinzione di dover essere seme di fede e di carità, per cui non esita a rispondere alla vocazione: l'8 maggio 1944, a mezzogiorno, coincidente con l'ora della supplica alla Madonna di Pompei, entra nella Casa Madre dell'Istituto Figlie dell'Oratorio in via Paolo Gorini, 27 Lodi, fondato dal beato Vincenzo Grosso, beatificato il 1975 da Paolo VI.
Dopo i mesi di postulato, l'8 dicembre dello stesso anno consegue la vestizione del noviziato, coronando il suo ideale: «essere tutta per sempre e solo di Gesù e in Lui tutta per gli altri».
Il suo nuovo entusiasta cammino è intralciato da uno stato di salute che diventa sempre più precario.
Assegnata ad apprendere lo studio del pianoforte, riesce ben presto a raggiungere tale qualità da essere chiamata a svolgere la funzione di organista in ogni festività religiosa e manifestazione scolastica.
Il 4 settembre 1946, all'età di 23 anni, è novizia, ma lo stesso giorno trascorre con forti dolori di testa e di stomaco con nausea e vomito. Per una sofferenza che si trascina per cinque anni viene sottoposta ad intervento di ulcera. Si scopre che a determinare il tutto è una serie di aderenze, per le quali, in quanto sanguinanti, non può che essere sottoposta a continue trasfusioni di sangue.
Per lo stato di salute nel 1952 viene trasferita in montagna a Pavullo nel Frignano, dove si occupa del doposcuola per le ragazze della Scuola media e, d'estate, per quelle che trascorrono le vacanze in montagna.
Durante questo periodo, non per poco trascorso a letto, si cimenta a riprodurre a matita i dipinti del volto di Maria, eseguiti da pittori famosi. Raccolti in un album da parte dei Salesiani di Bologna, verranno successivamente, come a lei riferito, donati a papa Pio XII.
Per una delle crisi, di cui è colpita, più intensa viene ricoverata nell'ospedale di Modena, dove il dott. Coppo, constatata la gravita, le prevede pochi anni di vita.
Non tanto i motivi di salute, quanto una calunnia anonima getta nello sconforto Carla, tanto profondamente da somatizzare con la caduta di denti.
È sostenuta dalla fede e dalla consapevolezza che Gesù è accanto a lei, anche perché proprio la mattina della comunicazione della calunnia ha ricevuto, per errore del celebrante, due particele, quasi a sostegno maggiore della grande amarezza!
Con grande senso di sacrifìcio e di perdono per chi ha colpito il suo animo accetta la decisione del trasferimento a Vadiana, da dove, dopo poco tempo, è trasferita a Genova presso la «Casa della Giovane» con l'incarico di servire a tavola le ospiti. Nel frattempo studia, conseguendo il diploma di insegnante di religione nelle scuole medie, di economia domestica e di maestra d'asilo. Impegnata anche nella parrocchia, nel cui territorio si trova la «Casa», non manca di dare lezioni di pianoforte.
Il suo stato di salute peggiora nel tempo per i soliti dolori, continui vomiti e febbre alta, per cui si rende necessario il suo ricovero in ospedale: le sono diagnosticate una pelviperitonite e annessite tubercolare.
Prima di essere ricoverata presso l'ospedale «Santa Corona» di Pietra Ligure, lo è presso la clinica «Presentazione» di Loano.
Ed è in questo luogo che a lei si palesa il piano di Dio: non è chiamata per la vita monastica, bensì per la vita laica, quale missionaria tra la gente, quale fragile creatura accanto ai fragili, ai deboli e agli ammalati, in piena libertà di operare, di essere là dove c'è bisogno.
Così interpreta la determinazione della Madre Superiora di invitarla a chiedere la dispensa dai voti per motivi di salute, così come consigliata dagli stessi medici.
Breve è il tempo intercorso dalla domanda alla risposta.
E così Carla lascia la originaria strada che lei, e non il Signore, aveva scelto.
Per tale evento lei stessa scriverà:

Ormai ero nell'ottica di Dio, quella era la sua volontà: se oggi mi chiedessero di tornare nell'Istituto, risponderei di no, perché questa è la mia strada, ne sono convinta più che mai anche perché nel mio animo nulla è cambiato, mi sento ancora quella ragazzina che a 15 anni ha deciso di donare la sua vita a Dio.

Dopo pochi giorni, il 3 giugno 1963, compie il primo pellegrinaggio a Lourdes, offertole dai coniugi Vernata, insieme ad altre pazienti affette da tubercolosi, ricoverate presso la clinica.
È il primo di una lunga serie di pellegrinaggi, ormai «affidatasi» per sempre a Maria, la Mamma, che l'accompagnerà e la consolerà nei suoi dolori e nei suoi travagli spirituali per il resto della sua lunga esistenza.
Trasferita nell'ospedale «Santa Corona», conosce, condivide e consola tante ricoverate, con le quali instaura rapporti di amicizia, che si protrarranno negli anni e che, anche quelle defunte, saranno presenti nelle sue preghiere.
Matura in lei sempre più la convinzione che nella sua sofferenza deve condividere in semplicità e, spesso, in silenzio, ma sempre con il sorriso, la sofferenza altrui:

Il bene è silenzio, umiltà, semplicità, è soffice come la neve, leggero come una piuma, ti sfiora, ti accarezza, ti da pace e vola via.

Dopo il «Santa Corona» è ricoverata presso l'«Istituto elioterapico» di Lanzo d'Intelvi, perché, nonostante le cure e il riposo assoluto, non migliora:

Credere.
O Signore, non ti sento, non ti vedo, ma ti credo.
Questa notte in particolare ho bisogno di credere.
Credere a occhi chiusi, credere che mi ami, credere e
affidarmi a te.
Voglio solo credere o Signore,
perché mi è impossibile capire quello che vuoi da me.


In questa fase scopre la bellezza del creato, che per lei è conforto di Dio creatore, cui, nella solitudine della malattia, si può con certezza fare affidamento:

Tante volte quando ammiro un tramonto straordinario in cui il sole sembra voglia incendiare il mare, mi sento come in paradiso, estasiata davanti a tanta bellezza... quando altre volte sento, nel silenzio, della natura, il cinguettio degli uccelli che si richiamano, svolazzando da un ramo all'altro tra il fruscio delle foglie... quando, seduta sulla panchina del lungomare, ascolto il lento mormorio della risacca o il fragore delle onde che si infrangono sugli scogli del mare in tempesta... tutto mi sembra musica, bellezza, armonia e penso: ma chi è più fortunato di me che godo di queste cose? Eppure ci sono tanti che vedono e sentono quello che vedo e sento io, ma non lo avvertono, non lo apprezzano... perché?
Diventano ciechi perché invischiati in interessi di denaro, potere, prestigio o rosi da invidie, ripicche, delusioni... chissà perché non vedono e non godono!


Dopo due anni di continui ricoveri, decide di trovare un'abitazione a Genova, dove poter vivere, sottoponendosi, però, a brevi ricoveri.
Ad offrire un primo rifugio è l'amica Marisa A., conosciuta durante un pellegrinaggio a Lourdes, e, quindi, il secondo, pagando il fitto, presso una signora anziana che aveva in casa sei gatti. Si sostiene con il doposcuola a bambini e con lezioni di pianoforte, anch'esso preso a noleggio.
In questa fase conosce il dott. Marco Romagnoli, che diventerà il suo «consigliere, amico, conforto e sostegno»: è lui a sottolinearle che non può vivere in quella abitazione.
La provvidenza è con Carla: la cugina Bianca le offre gratuitamente l'uso di un appartamento, da poco acquistato a Genova.
In questa casa, la sua «piccola chiesa», trascorre anni di dolore e sofferenza, di gioia e di speranza, in piena dedizione alla volontà del Signore e al conforto di chiunque si interfacci con la sua persona e con i suoi sentimenti.
Nella sua fragilità umana a volte avverte anche la solitudine e il bisogno di avere accanto a sé i propri familiari, che possano donarle carezze umane, che, per la prematura morte della mamma e la lontananza del padre e della sorella, non ha potuto, né può ricevere:

Ho voglia di carezze questa notte, di un po' di tenerezza,
di stare nella culla come un bambino, che aspetta
chi gli prenda la mano, la testa e la stringa al suo cuore,
l'accarezzi, la baci, la scaldi,
per non piangere più e non aver paura,
perché con qualcuno vicino che gli tiene la mano
lui si addormenta pian piano.
Allora torna la sicurezza dopo quella carezza.
Signore, ti chiedo:
questa notte vuoi esser tu per me, quella carezza?


Intanto i malanni continuano a travagliare il suo corpo e a costringerla a continui ricoveri, rendendola sempre più debole e inabile fino a non avere le forze per prepararsi da mangiare. In lei sorge spontaneo: «Ma dove sei, Signore?»:

Ma dove sei, Signore? Rivelati anche a me.
Ho gli occhi, ma non ti vedo; odo, ma non ti sento,
ti cerco, ma non ti trovo. Dove sei Signore?
Sono dove tu non vuoi andare,
dove tu non vuoi vedere,
dove tu non vuoi sentire,
dove tu non vuoi perdonare.
Non ti trovi perché cerchi solo te, la tua stima,
le tue sicurezze, soddisfazioni e ricompense.
Mi troverai solo quando ti deciderai
A non pensare a te, ma a me,
che sono nel posto dove ti ho salvato: la croce.
Lì troverai me, la mia misericordia,
la mia e la tua resurrezione.
Ti aspetto. E sarai beato.


Tutto, però, può mancarle, ma non il pellegrinaggio annuale a Lourdes, anche se su un lettino di malata, accompagnata dal barelliere Angelo, di Finale Ligure, accanto agli altri compagni della sofferenza, per i quali pubblicamente, il 14 settembre 1974, con accanto don Piero Tubino, prega commentando l'XI Stazione, Gesù è inchiodato sulla Croce:

Sono qui non solo davanti alla croce, ma su una croce dove da 27 anni, sono inchiodata dalla malattia. Vivo sola. A poco, a poco, un male si è aggiunto a un altro male ed ora, da circa 3 anni, non potendomi nutrire per via normale, sono sostenuta con fleboclisi e quando è necessario, con trasfusioni di sangue e di plasma. Ho visto la mia attività lentamente affievolirsi, diminuire; tutti i miei desideri di azione (ne avevo e ne ho tanti) sono rimasti tali. Dio me ne ha chiesto il sacrificio. Questa in sintesi la mia vita di malata che ha girovagato da un ospedale a un altro cercando inutilmente quello spiraglio di luce che potesse darmi speranza, sollievo, benessere. Ma Dio ha voluto farmi un altro dono: la croce. Non posso dire che i chiodi che ad essa mi fissano non mi facciano male, però posso affermare che sono chiodi che mi purificano, mi fanno sentire più forte l'amore per Dio e per gli uomini, mi rendono sensibilissima a tutto, per cui godo nel più profondo del cuore di una serenità che non invidio a nessuno. Ma il chiodo che mi fa più soffrire e che mi trafigge il cuore come un pugnale è il chiodo della solitudine, dell'indifferenza, della mancanza di affetto. Diciamocelo francamente, care amiche e amici, soprattutto voi che con me vivete nel dolore, non è forse vero che le sofferenze morali superano immensamente quelle fisiche? A queste con un calmante si rimedia, ma il dolore morale, quale l'incomprensione, la sfiducia, l'indifferenza, è un pungolo che ci strappa le lacrime più amare, più vere. Non so cosa dirvi cari ammalati, anch'io come voi, faccio queste esperienze, pure dico che il pensiero di Gesù morto in croce per me, di sua Mamma che teneramente se lo è stretto a sé, perché lo sapeva vittima d'amore, mi da tanta serenità che se dovessi fare un bilancio della mia vita, dovrei dire che non cambierei i miei momenti di gioia intima, spirituale, con le più grandi ricchezze di questo mondo, neanche con la salute.

A seguito della semplicità profonda di tale preghiera, don Piero chiede a Carla di poter pubblicare, ottenendo l'assenso, il suo diario sul periodico dell'UNITALSI ligure.
Intanto il suo percorso di sofferenza continua, sottoponendosi ad un intervento di splanicectomia. Anche questo evento è occasione di conoscere altri pazienti, con i quali attraverso la preghiera e la condivisione stringe amicizia.
Alla pubblicazione del diario segue l'incisione di audiocassette per ogni pellegrinaggio a Lourdes, su richiesta dell'amico barelliere Angelo.
Non cessa da parte dei medici di alleviare le sue sofferenze anche attraverso ricoveri in luoghi salubri, come Cortina d'Ampezzo e l'Abetone:

Siamo in 70 malati divisi in 4 piani. A ogni piano corrisponde una patologia, la mia compagna di camera è stata trasferita al piano superiore perché malata di polmoni, al mio piano ci sono le malattie addominali, sempre di natura tubercolare. Ci curano due medici speciali, marito e moglie e sono greci, si comportano con noi come con degli amici e questo è tanto bello, anche il personale e le Suore sono gentilissimi. Benedetto quel “no” che mi han detto a Cortina. Dopo alcuni giorni rinforzata dalle flebo e dalle cure, sono andata nel bosco, ho colto dei fiorellini. Nessuno li ha seminati e coltivati, eppure sono meravigliosi. Ringrazio Dio, il giardiniere universale, che ci procura tanta gioia per gli occhi. Se Dio pensa con tanto amore a questi fiori, con quanto più amore penserà a me sua creatura! Grazie, mio Dio!

Nella quotidianità della sofferenza, sempre dedicata al Signore, si sente sempre più «una fiammella», così come don Piero continua a richiedere, che lei dedica agli altri anche attraverso propri scritti, Filo diretto, sul periodico dell'UNITALSI ligure.
Distribuisce così «rose» laddove c'è sofferenza: «dalla tristezza si passa alla gioia, alla gratitudine e alla speranza»:

Per l'amore che mi vuoi Gesù,
per la croce che mi dai,
fammi la grazia di sorridere sempre.


Visitata a Bologna nel novembre 1976 dal prof. Giuseppe Labò, che d'ora in poi diventa un fraterno amico, riceve lo stesso responso con la conferma della precedente diagnosi, anzi per un successivo aggravamento è costretta a nutrirsi con catetere in succlavia.
Ritorna, pertanto, in montagna, a Ronzone vicino al Passo della Mendola:

Come è facile dirti grazie in questi posti meravigliosi
Dove tutto parla della tua bontà, bellezza,
provvidenza.

Ma oggi te lo dico per ieri, per domani, per sempre,
anche per quando non capirò più niente,
per quando mi sentirò male, mi sentirò morire
e avrò voglia di ribellarmi a te.
Grazie adesso per allora, per la vita, per la morte,
per il lavoro e per l'inerzia,
per la forza e per la debolezza,
per chi mi capisce e per chi non mi capisce,
per chi mi loda e per chi mi fa soffrire,
per i miei cari, per tutti gli amici di Lourdes,
per i malati che ho conosciuto,
per tutto quello che mi è stato donato.
Che il GRAZIE sia il mio saluto, il mio augurio,
che tutti, nel sentire GRAZIE,
riconoscano la tua voce, Gesù.


Non abbandona il pellegrinaggio e, così, nel 1978 è lì a pregare, ad effondere sorrisi e parole di consolazione e di speranza, che segna anche su cartoncini bianchi, successivamente distribuiti a ciascun ammalato.
Carla si conferma nella sua testimonianza di vita vissuta nel dolore e nella condivisione con gli altri nella certezza della speranza della sua fede, che riesce, con la profondità e l'autenticità dei semplici, prediletti da Gesù, ad effondere a piene mani intorno a sé, tra i malati in cerca di salute e i sani in cerca di serenità esistenziale.
Ai soliti dolori, compagni fedeli dei suoi giorni, si aggiungono altri, dall'herpes zoster sul braccio con febbre alta ali'infiammazione del trigemino, curato con premura dal dott. Giuseppe Accarpio e da interventi di agopuntura.
Tuttavia, ancora una volta, non può che sorgere la domanda: «Cosa vuoi da me, Signore?»:

Signore,
io credo che Tu mi ami anche se non lo capisco,
io credo che tu mi sei vicino,
anche se mi sento sola e abbandonata da tutti;
io credo che tu mi liberi,
anche se mi sento prigioniera di questa croce;
io credo che Tu, attraverso questa prova,
mi porterai alla gioia, quella senza tramonto,
quella che vorrei subito, adesso.
Io credo che Tu ora mi fai capire molte più cose
Di quelle che credevo di sapere;
io credo - sulla Tua parola - che Tu mi salvi.


Sopraggiunge nel 1980 la morte del padre, mentre la sua malattia incalza, costringendola ad essere ospedalizzata a Bologna per cure e per una biopsia enterica da parte del dott. Corazza.
Nell'ospedale, come sempre, diventa mezzo di speranza e di consolazione per gli altri, che, altresì, riempiono il suo animo di gioia:

Signore,
ti ho visto in queste persone,
sono stati gli angeli che hanno
consolato il mio Getsemani.
Signore,
fa' che ti veda sempre e ovunque e
concedimi che gli altri vedano te
attraverso me.


E di gioia si illumina, quando riesce a trascorrere a Modena qualche giornata con la cugina Bianca e la zia Miry: sono raggi di sole per lei, che la corroborano al fine di poter con maggiore intensità dire «Eccomi» al Signore:

O Signore,
ogni volta che mi cerchi, fa' che mi lasci trovare:
ogni volta che mi bussi, fa' che ti possa aprire;
ogni volta che domandi, fa' che ti possa rispondere;
ogni volta che vieni, fa' che ti possa riconoscere.
E' solo questo che chiedo con tutta l'anima,
con tutto il desiderio della mia volontà,
per vivere la mia vita con Te e per Te
insieme ai miei fratelli ora e nell'eternità.
Grazie, Signore.


Pause nel grande tempo della sofferenza, che però non l'abbandonano, portandola tra il 1982 e il 1983 ad ulteriori ricoveri, dove incontra medici di sensibile professionalità e disponibilità, come il dott. Vittorio Santi e il prof. Mauro Bortolotti.
Tuttavia le condizioni peggiorano, per cui nell'ottobre 1983 può riferire alla zia che la Madonna è venuta a prendersela: non può inghiottire e trova, inoltre, enorme difficoltà nel respirare.
Ma il suo momento non è giunto. Mentre la medicina lenisce le difficoltà attraverso il sondino naso-gastrico, dopo il dolorosissimo pneumotorace traumatico, sperimenta ancora l'immenso affetto della sorella Lella, dei cugini Licia e Giorgio e di tanti amici, tra cui Chicco.
Questi si presenta con padre Pére Duval, noto cantautore, venuto a Genova per un concerto. Un personaggio, che, superato l'esperienza dell'alcolismo, ha continuato a predicare la parola di Dio attraverso la musica e il canto.
Ricreata nello spirito, ma pur sempre in condizioni precarie, il 3 dicembre 1983 lascia l'ospedale su sua richiesta, anche perché sa che il prof. Emanuele Barile è sempre a disposizione, anche nei giorni di festa.

Ritorno a casa con tanta voglia di vincere e di vivere:
Signore, entra nella mia anima come il sole di questo giorno.
Metto nelle tue mani, questo pezzo di vita.
Prendilo, è ciò che posso darti.
Questa è la mia preghiera.
Cosa sarà domani? Tu solo lo sai e mi fido.


Trascorre i giorni di Natale a casa e trascorre con grande gioia il Capodanno in compagnia di Mara Mazzetti e di Vittorio Santi. La preghiera cadenza la loro giornata: consegna ad essi la prima audio-casetta, che contiene anche la preghiera elevata al Signore nel vespro di fine anno per ringraziarlo d'essere sempre accanto, ancor più quando prevale il buio:

Questa sera, Signore,
il mio grazie è fatto di gioia per gli amici
che attraverso la malattia, ho conosciuto.
Ero disperata e tu mi hai mandato i tuoi angeli.
Basta fidarsi di te e tu compi miracoli.
Quando sto per cadere perché sono nel buio più totale,
tu accendi una luce, mi dai un sostegno,
mi circondi di tenerezza.
Grazie per tutto, per tutti e per sempre, mio Dio.
Concedimi di credere, come ti ha creduto Maria,
e di fidarmi, come si è fidata Lei.


Riconosce, altresì, il ruolo dei familiari e degli amici, tra cui don Piero, più vicino alla vigilia di un ulteriore intervento chirurgico per sondino in pancia, la digiunostomia, che si svolge il 5 febbraio 1984 e che comporta gravi sofferenze protrattesi nel tempo.
Intenso e convinto è il suo abbandono alla volontà del Signore:

Quello che pensavo io non era quello che pensavi tu;
di nuovo i due legni, il tuo e il mio s'incrociano,
ma io su questa croce ci sto male,
a quando Gesù un po' di culla?
La desidero, la chiedo. Ci sono stata così poco!
Cosa hai in mente di fare della mia vita?
Tienimi nelle tue mani.


Date le condizioni di salute in un primo momento si convince a non eseguire il suo annuale pellegrinaggio a Lourdes, ma successivamente non resiste alla rinunzia della visita alla Mamma e al venire meno al suo intento di registrare un'audiocasetta da distribuire ai tanti amici malati, che con lei hanno rapporti amichevoli, anche attraverso corrispondenza epistolare.
L'audiocassetta, dal titolo Lettera a un amico, nel giro di pochi mesi è molto richiesta e, tramite il fotografo Galardi, giunge a Giovanni Pastorino, il fondatore e il direttore de “Il Seme”, il quale, appena ascoltato il testo, chiede l'autorizzazione di inviare in omaggio una copia a tutti gli abbonati al periodico.
Inizia, così, una nuova fase della vita di Carla: tramite la Mamma celeste, con parole semplici, impregnate di teologia umana e non filosofica, irradia gioia e speranza, in una missione che si caratterizza con i messaggi, che, attraverso “Il Seme” toccano orizzonti più ampi, rinsaldano legami di profonda spiritualità, assorbono i semi di bontà e sublimano la sofferenza.
Si immerge in questo nuovo cammino, ponendo tutte le sue forze, fragili e doloranti, ma incardinate sulla benevolenza del Signore, a servizio degli altri:

Signore dammi la speranza della certezza
e la certezza della speranza.
Senza gli altri non posso far niente.
Come fa a star su una porta se non ha i cardini?
Tu sei il mio cardine.
A chi chiede con umiltà, Dio non resiste e concede sempre.


Inoltre la sua casa reale, che continua ad essere «piccola chiesa», così com'è il suo cuore, diventa centrale anche per non pochi che iniziano il calvario della sofferenza con l'individuazione di gravissimi mali:

Ti chiedo, o Signore, che la mia casa possa essere una tappa,
un rifugio, un'oasi, un posto di ristoro, di riposo, di pace...
perché è la tua casa.
Finché rimani tu,
tutti quelli che entrano
sentiranno la tua presenza.
Questo ti chiedo.


Appena può non manca si essere presente in chiesa, come presso la parrocchia di San Gaetano, dove è invitata a parlare di Maria:

Se questo male serve perché la tua voce arrivi alle anime
e risvegli l'amore e il desiderio di Te,
ebbene, prendilo Signore,
mettilo insieme ai tuoi dolori e a quelli di Maria,
perché le parole che dirò diventino vita, risurrezione.


Non meno tramite le audiocassette riesce a parlare ai cuori e ad infondere il sorriso della speranza: tra il 1985 e il 1986 ne incide quattro: Lourdes, città della speranza', La pastina; Il Rosario e Briciole di speranza.
E grande è la sua commozione, quando riceve notizia del sollievo che riesce a diffondere nell'animo degli ammalati, tra cui toccante il caso di Lucetta, che ritrova la serenità, nonostante il suo corpo devastato da metastasi.
Dinanzi a tale beneficio la stessa Carla si chiede chi sia lei...

... Una donna come le altre, coi miei difetti, le mie lacune, le mie impazienze, coi doni che Dio mi ha fatto e questi doni non voglio seppellirli, desidero metterli a disposizione di tutti, Dio me li ha dati per questo. Costi quello che costi.

Lei si sente una piccola briciola della grande mensa del Signore; un piccolo seme dell'immenso prato del Signore; una virgola nel progetto del Signore:

Signore aiutami ad essere una virgoletta
al posto giusto,
quello che pensi tu.


Sempre nel 1986 raccoglie alcune preghiere scritte nei vari anni in un'audiocassetta, Via Crucis, che diventa punto di riferimento per una partecipata e profonda meditazione, sempre richiesta anche negli anni futuri e mezzo di conoscenza di tante persone, come, nel 1991, don Edelwaiss Montanari, un santo sacerdote.
Intanto continuano le cure e le visite mediche, come quella con il prof. Cavalli, pneumologo presso l'ospedale «Bellaria».
Nelle poche uscite da casa, si fa accompagnare presso santuari mariani della zona. Successivamente avrà una raccolta di oltre 6 mila immagini di santuari mariani (conservate solo un migliaio) inviate da tutte le parti del mondo a seguito della richiesta fatta tramite “Famiglia Cristiana”.
Un'altra svolta nella sua vita si ha durante il pellegrinaggio del maggio 1986 a Lourdes, eseguito insieme all'OFTAL (Opera Federativa Trasporti Ammalati Lourdes), allorché sempre su richiesta del fotografo Galardi non solo si serve di audiocassetta e riprende anche in video lo svolgimento.
L'anno 1986 è importante, perché ha segnato nuove straordinarie conoscenze: da padre Donelli ad Ernesto Olivero, fondatore del SERMIG (Servizio Missionario Giovani), cui apparterrà l'appartamento dove abita, che sarà venduto dalla cugina Bianca per motivi economici; a don Angelo Comastri, parroco di Porto Santo Stefano e futuro cardinale.
Le amicizie a lei servono per poter continuare la sua missione con quello zelo proprio di chi della sua vita ha fatto la vita di Gesù e, ora con le videocassette, può trasmettere il suo dolce e rasserenante sorriso, inimmaginabile in un corpo fragile e dolorante.
Il primo video è promosso anche da “Il Seme” e si diffonde subito, sollecitando tra l'altro inviti a Carla, da più parti d'Italia, a tenere incontri, mentre nel 1988, su richiesta di un sacerdote dell'opera di don Orione di Tortona, il testo dell'audiocassetta della Via Crucis viene pubblicato in libretto, il primo di una lunga serie.
Dal 1989 inizia quest'altra opera missionaria dalla Basilicata alla Puglia, alla Toscana, al Veneto, alla Liguria, alle Marche e al Lazio1.
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Nota 1
Questi i centri: Matera nel 1989, tramite Ettore Massari; Lagonegro nel 1991 tramite Franco Viceconte ed Elisa Riccio; Alberobello nel 1992, tramite don Giovanni Martellotta; Andria nel 1994, tramite don Vincenzo Giannelli; Colfrancini nel 1996; di Porto Santo Stefano nel 1998, tramite l'Unitalsi; Monopoli, Cisternino e Conversano nel 1998, tramite Giovanni Punzi dell'Unitalsi; Jesi e Loreto nel 1999; a Porto Santo Stefano, nell'Argentario, nel 2000 tramite Marisa Pucci e don Adorno Della Monaca, a Torino per due volte tramite Ernesto Olivero.
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In queste occasioni non manca di recarsi in abitazioni di malati e di pregare come in veri «santuari invisibili agli occhi della gente ma ben visibili a Dio», così come Carla ripete sempre, ringraziando il Signore per averle permesso di condividere il profumo della sofferenza e la certezza della speranza, mentre lentamente a mo' di cero si consuma la propria vita:

Signore,
accetta la mia vita che si consuma come questo cero,
giorno dopo giorno, alla tua presenza.
E, come la vita di questo cero è il fuoco,
fa' o Gesù che il fuoco del tuo amore dia vita alla mia vita,
luce ai miei occhi per vedere oltre le tenebre,
per scorgere la tua presenza, anche quando è nascosta.
Accogli, Signore, le gocce cocenti che colano dal cero,
sono le lacrime delle tue creature che sentono la fatica dell'esilio,
sono il pentimento dei miei peccati tante volte ripetuti.
Raccogli quelle lacrime Gesù e ritornamele col tuo
perdono, il tuo bacio,
così quel cero mi farà sentire la tua presenza, il tuo amore
e mi farà capire che quando chiuderò gli occhi per sempre
vorrà dire che tornerò a casa, la Tua CASA e anche
la mia con te, Signore.


In questo cammino reale tra la gente di varie regioni e virtuale attraverso i media e con periodici articoli su “La Voce”, organo dell'UNITALSI di Basilicata2, non manca di recarsi nel giugno 1995 a Roma, insieme a diversi «amici-briciole», provenienti da più parti d'Italia, in udienza da papa Giovanni Paolo II, al quale dona il libro, Le Madonnette (una raccolta di immagini dell'edicole sacre presenti nel centro storico di Genova), e il libretto, Lettere dal cuore, e dal quale riceve la conferma di una sua certezza: «Voi malati siete la forza della Chiesa. Soffriamo insieme».
Ancora nell'Anno Santo del 2000 con 400 «amici-briciole» è ricevuta dal Papa, dal quale riceve una carezza. Invia la foto a diversi amici non per ostentazione, bensì per condivisione della gioia e della sacralità con la scritta «Questa carezza è anche per te e pensa alla gioia più grande di saperti accarezzare da Dio».
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Nota 2
Oltre alla “Voce”, è presente: in Tele Pace di Chiavari; in Radio Maria (1-4-1991, 12-8-1991, 11-5-1993, 8-1-1998); su “Progetto” (24-5-1991); in Radio Fano; in Tv Sveva di Andria; su “L'Avvenire” (6-7-1993, 30-10-1999); in Radio Vaticana con una sua preghiera (6-2-1993); in radio Mater (8-8-1994); su “L'Osservatore romano” (21-2-1996).

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La sua attività diventa intensa, anche perché, pur rimanendo a casa, dal 1997 al 1999, dietro presentazione di mons. Comastri tiene un ciclo di interventi presso «Radio Maria», durante i quali riporta testimonianze di malati e sofferenti. Parla in collegamento telefonico e quasi sempre, salute permettendo, in ginocchio vicino al letto, «come in preghiera per supplicare il Signore di arrivare al cuore di ogni ascoltatore».
Le lettere che riceve sono la prova dell'incidenza e dell'efficacia delle sue parole, per la cui corrispondenza servono mezzi finanziari, già insufficienti per le altre iniziative.
Per questo, su suggerimento dell'amico Ernesto Olivero, si ritiene opportuno richiedere piccoli contributi, «briciole», il cui raccolto, tolte, appunto, le spese, viene devoluto per le missioni all'estero.
Conosce, così, padre Vittorio Ghilardi, provinciale dei Cappuccini della Liguria; padre Alberto e padre Livio, missionari della Consolata; e padre Piero Gheddo, missionario e giornalista.
Sembra strano che, nel mentre la sua salute perdura in debolezza e fragilità, con sofferenza continua, Carla riesca a smuovere intorno a sé la generosità e l'impegno di tanti amici, che nel suo attivismo, nella sua forza morale e nella sua lucidità progettuale riconoscono qualcosa al di fuori dell'umano: Cristo Gesù e la Madre Celeste operano tramite lei, piccola, fragile e sofferente.
Pur tra sofferenze e continua ricerca di adempiere appieno al ruolo che lei sente assegnato da Dio, non si ferma né spegne il suo sorriso.
Infatti dal 1999 aggiunge ai suoi impegni quello di recarsi in pellegrinaggio a Loreto annualmente, su invito di padre Michele Peirano, cappuccino, già conosciuto a Jesi, invitata per una sua testimonianza.
Rivive, così, ogni anno, come lei stessa scrive, la gioia dell'incontro con altri amici, dei quali conosceva soltanto la scrittura, mentre ora può vedere i loro visi con i loro sorrisi, anche se molti di loro portano nel corpo i segni della Croce.
Quei sorrisi per lei sono «la trasfigurazione del dolore in amore, quale miracolo della grazia!».
In questa comunione di sofferenze e speranze è indispensabile affidarsi a Maria, la Mamma Celeste, così come avviene nelle nozze di Cana, che Carla, in una delle sue preghiere relative ai Misteri della Luce, così presenta:

È Maria che prevede e provvede perché la gioia non si trasformi in tristezza. Sta per mancare il vino e nessuno se ne accorge. Maria partecipa e condivide l'evento, ma come buona madre, veglia perché la gioia dello stare insieme in quel giorno non sia turbata. Si accorge che ormai non c'è quasi più vino. Si rivolge al figlio: «Non hanno più vino», come dire, pensaci tu, perché è in pericolo la gioia di questi sposi.
Quando il mistero del dolore ci coglie all'improvviso e la speranza sta per svanire, quando siamo delusi dagli amici, quando non possiamo più fare quello che facevamo una volta, quando svaniscono le forze e crollano le certezze, quando dobbiamo fare delle scelte importanti, pensiamo alla risposta di Maria, è la risposta della fede. Il cristiano non è l'uomo della tristezza, del pessimismo... è l'uomo che vede sempre una luce oltre il buio, perché Gesù è venuto a prometterci una grande gioia. Il prezzo lo ha pagato Lui. «Fate quello che Lui vi dirà» Sono le parole che ci salvano.

Alternandosi da Maria a Marta, Carla sempre più caratterizza la sua testimonianza:

la mia vita sia sempre
un grazie e un dono.


Nel 2003 inizia ad usare il computer, che successivamente servirà come mezzo di comunicazione con le sue «briciole» e con quanti incontrerà. Pubblica Za mia vita, che riceve ampio consenso, espresso anche a Loreto:

Mi ringraziano
ma ringraziano e lodano
te, Signore.
Io ne godo
come una figlia quando sente che
lodano suo padre, sua madre.
Lo dicono a me per dirlo a te, Signore:
sei tu che mi hai fatta, plasmata,
senza di te non esisto.
Grazie, mio Dio.


In piena estate la malattia si aggrava, per cui, sempre affidandosi al Signore, comincia a temere per il futuro, nel mentre, recatasi a Bologna presso la famiglia di Sandro Trombini, si affida alle cure della dott.ssa Mara Mazzetti:

...Ho paura dell'avvenire. Dovrei fidarmi, abbandonarmi, ma la paura è più forte. Se mi vengono a mancare le forze, con l'autosufficienza che mi accadrà, chi mi aiuterà, dove andrò a finire?
Signore, aiutami! So che pensi agli uccelli, ai fiori... pensa alla tua briciola che è sola tua e che in te solo spera. Aiutami! Cambia la mia paura in fiducia, donami la tua gioia.


Tornata a Genova si sottopone ad ulteriori visite con i dottori Artemisio Tognetti, Corrado Silvestre, Enrica Camoirano e il prof. Franco Henriquet, che d'ora in poi le sarà vicino sia come medico che come amico sino alla morte, andando a visitarla in casa e accompagnandola a tutte le visite mediche:

Gesù, Maria e Giuseppe,
vado in ospedale, accompagnatemi.
Tu Gesù non sei mai andato
in ospedale, ma sei passato
per le strade a cielo aperto
e hai guarito.
Toccami, ho tanto dolore:
mi basta un tuo sguardo.


Tuttavia, pur colpita dalla morte della sorella Lella, non si esime dal recarsi con l'Unitalsi a Lourdes, che continuerà a visitare fino alla sua morte, e, in particolare, nel 2004 a Roma per incontrare le «briciole» e padre Alfredo Feretti, che coinvolge nell'Associazione come assistente e componente del direttivo. Ed è in questa occasione che si stabilisce di fissare per ogni anno il convegno dell'Associazione a Loreto: il 16 luglio 2005 si celebra il primo con la partecipazione di padre Alfredo, di don Stefano Conigli e di don Edelwaiss Montanari.
Vi partecipa con un profondo dolore dentro di sé per la morte della sorella Lella, avvenuta il 27 maggio 2005 per leucemia.
Rientrata, continua con lo scrivere un altro libretto, Grazie, Mamma, e con il partecipare insieme al prof. Franco Henriquet ad una puntata di “Porta a Porta”, con una registrazione effettuata presso l'hospice «Gigi Ghirotti».
Nel 2006 inizia la collaborazione con Radio Mater, attraverso la quale risponde agli ammalati, e, in modo significativo, procede alla definizione dell'Inno dell'Associazione con testo di mons. Comastri e con musica del maestro Agostino Dodero di Genova:

    Tante briciole, un solo pane.
    Tanti cuori, un solo amore.
    Tante voci, una sola parola
    Gesù, Gesù, Gesù, Gesù!
Vogliamo portare il Vangelo,
nel mondo intristito dal male,
vogliamo portare la gioia,
donando un sorriso a chiunque.
    Rit. Tante briciole, un solo pane...
Restiamo semplici e piccole,
di senape come un granello.
Maria ci aiuti a cantare,
passando in mezzo al dolore.
    Rit. Tante briciole, un solo pane...
Spegniamo l'orgoglio del mondo
Con l'umile gesto di pace.
Tendiamo la mano ai fratelli,
dicendo soltanto: ti amo!
    Rit. Tante briciole, un solo pane...


Un anno pregno di impegni e di soddisfazioni, che si verificano anche a fine anno con la visita inaspettata di tre nipoti con proprie famiglie:

Natale! Per me ogni giorno nasce, muore e risorge il Signore!
E' bella l'occasione per risvegliare affetti familiari,
ma poi.. .il resto dell'anno?
No, se Natale è solo questo,
non mi va.
Signore, tu, come me e con me, ogni giorno mi dai la luce,
l'aria, il calore,
ogni giorno mi dai la forza per vivere, sperare, per
piangere e gioire... e allora?
Ogni giorno è nascita, morte, resurrezione.
Stanimi vicino, aiutami a vivere con Te e per Te.


Partecipa con grande gioia alla nomina di mons. Camastri a cardinale e caratterizza il suo tempo con la presenza, nel 2007, ad una puntata di “Uno Mattina” su Rai 1, con il proseguire nella collaborazione con Radio Mater, con lo scrivere sul sito dell'Associazione e pubblica il libretto Eccomi!, che diventa elemento di consolazione per tanti malati, che gareggiano nel ringraziarla:

Sei proprio tu, Signore, che traduci le
mie parole e dai loro vita
vita per chi soffre
vita per chi è solo
vita per chi è stanco
vita per chi fa fatica
vita per chi non vuole più vivere
vita per chi è vecchio
vita per chi è giovane
vita per chi è povero
VITA perché solo in Te c'è la vera vita.
E Tu sai, in quel libretto
quanto dolore e stanchezza c'è.
Il tuo AMORE mi ha sostenuta.


Intanto le sofferenze non mollano la loro intensità, anche se alcuni medici cominciano a ritenere che sia autosuggestione. Non può che rivolgersi al «caro Gesù»:

Se con la mia sofferenza
arriva alle anime
la Tua parola, la tua gioia:
Eccomi Signore.
Se con la mia solitudine
arriva alle anime la Tua presenza:
Eccomi Signore.
Se con la mia paura
arriva alla anime il Tuo coraggio:
Eccomi Signore.
Se con la mia debolezza
arriva alle anime la Tua forza:
Eccomi Signore.
Se vuoi tutto di me
perché io sia dono per tutti:
Eccomi Signore.
Oggi te lo chiedo anche per
quando non saprò dirtelo,
oggi e per sempre:
Eccomi Signore.


Le sofferenze si impennano, ma non abbandona i suoi impegni da Loreto a Lourdes, dal sito dell'Associazione alla corrispondenza con ogni «briciola» e con ogni fratello che a lei si rivolge, confermando la sua condivisione nella sofferenza e nella consolazione:

Signore, non voglio rubare:
il pane di farina non posso condividerlo
perché non ne mangio che pochissimo,
voglio condividere il TUO PANE:
mi hai chiamato a far questo.
Oggi ho condiviso il
Pane della stanchezza,
Pane della parola scritto a chi mi scrive.
Pane della risposta al telefono.
Pane del dolore fisico (tanto).
Pane dei passi faticosi che faccio
per chi non ti segue.
Pane del male alla schiena
per chi lavora nelle miniere,
per chi è costretto
a stare sempre nella stessa posizione.
Pane tuo insieme al mio per la fame
di ognuno e di tutti i tuoi figli.


Le uscite di casa si fanno sempre più rare, ma nelle poche sente il bisogno di recarsi in chiesa e in riva al mare, dal quale rimane sempre affascinata e dalla sua infinitezza e bellezza sembra ricevere sollievo.
Quando si sente sola e pensa di dare fastidio agli altri con la sua malattia e la sua solitudine si aggrappa a Dio e gli chiede di aiutarla, ma neppure a lui vorrebbe arrecare fastidio:

Signore, ascoltami:
non ti disturbo vero?
Non mi rispondi che ormai sei stanco,
che ci sono altri degni di ascolto più di me?
Ti imploro, Signore!
So che mi ascolti sempre, soprattutto
quando mi sento abbandonata,
che do fastidio, che sono d'ingombro.
Vieni, Signore, dammi la tua mano
sollevami, aiutami, con te voglio camminare
per te incontro tutti i soli
per dire che tu non abbandoni nessuno.
Signore, vieni, vieni, vieni.
Non posso vivere senza te.
Tu mi conosci, sai che ti voglio amare
E amarti in ognuno dei tuoi figli,
anche se mi fanno piangere.
Grazie della vita: grazie!


Anche per l'età, che avanza, avverte, accanto alle sue sofferenze, sempre maggiore stanchezza nello svolgere tutti gli impegni annuali, con e per le sue «briciole», con intensità e con entusiasmo. Per questo riscopre la presenza del Signore, al quale non può non confermare il suo ringraziamento:

Per ogni passo che faccio grazie, Signore, per ogni parola che scrivo grazie, Signore, per ogni parola che dico grazie, Signore, per ogni respiro grazie, Signore, per ogni battito del cuore grazie, Signore, per tutto quello che vedo grazie, Signore, per la vita, per tutto grazie, Signore.

È un continuo andare da uno studio medico all'altro finché non si scopre anche un tumore al colon, di cui non è informata né sarà mai informata.
Pensa sempre al futuro delle «Briciole» e così ne parla a padre Agostino:

Quanto ti ho desiderato in questo tempo, di quanti consigli ho bisogno. Sono in un labirinto sia per il futuro delle briciole, che per la mia salute... ho paura. E' troppo comodo dire: se è opera di Dio penserà Lui a farla proseguire, ma Lui cerca l'aiuto dell'uomo, da solo non può far niente, viene a noi per mezzo di ciascuno di noi.

Compiuti 90 anni il 30 marzo 2013, dato che è Sabato Santo, i festeggiamenti vengono rimandati al 1 aprile. Molte le «briciole» presenti, provenienti da tante regioni: Puglia. Marche, Emilia-Romagna, Lombardia, Toscana, Liguria, oltre a padre Alfredo da Roma e a tanti di Genova e della sua parrocchia. Insieme per ringraziare il Signore:

Non meritavo tanto, ma so che tutti quei grazie e quella festa era per ringraziare il Signore. Tutto è dono suo, quello che sono e quello che ho.

Nel frattempo completa l'ultimo libretto: Pensieri nel silenzio e continua il suo apostolato; tra il 5 e 7 luglio partecipa al Convegno delle «Briciole» a Loreto e dal 22 al 28 settembre è a Lourdes.
La salute diventa sempre più precaria, mentre le forze a ritmi più intensi vanno esaurendosi. Di questo avverte maggiormente la portata, nel giorno del suo onomastico, il 4 novembre:

Quante telefonate e io, sfinita per la nausea,
il senso di svenimento (tutto il giorno) ho risposto
a tutte con un filo di voce.
Quel filo ha parlato e fatto capire
come stavo (e come sto) a tutte le briciole.
Loro ringraziano Te, Signore e Te, mamma Maria.
Questa sera ve le presento come un cestino di fiori,
un bacio d'amore.


Ormai, dopo tanto patire, si sente «uno straccio».
Annota una preghiera composta nella notte del 26 febbraio 1977, quando «Le Briciole» non erano ancora nate, per cui alla stessa aggiunge due ultimi versi:

Per quando non te lo potrò più dire,
per quando non lo potrò nemmeno pensare,
lo dico, lo penso adesso: GRAZIE SIGNORE.
Grazie della vita che mi hai dato,
grazie della famiglia, dei parenti, degli amici,
grazie del tuo perdono, del tuo amore,
grazie della tua chiamata particolare.
Grazie della Chiesa, dei Sacerdoti incontrati,
grazie per don Piero, per il mio medico.
Grazie per chi mi ha voluto bene e aiutato,
grazie per chi mi ha fatto soffrire
Grazie per la salute, per la malattia,
grazie per le gioie , per il sole.
Grazie per avermi donato Tua mamma Maria,
mio conforto, mio sostegno, mio rifugio.
Grazie di tutto SIGNORE, grazie della CROCE,
grazie del tuo REGNO.
Grazie delle tue GRAZIE,
dei doni che mi hai fatto.
Grazie di aver capito queste cose.
TI AMO sopra ogni cosa. GRAZIE.

Grazie adesso e per sempre, grazie per questa famiglia
Meravigliosa: tante briciole... UN SOLO PANE!


Durante questi giorni è sempre circondata dai sacerdoti della parrocchia e da padre Agostino, dai medici che l'assistono e da tante persone, né mancano telefonate del card. Comastri, al quale ha affidato anche il compito di scrivere un pensiero religioso sulla Lettera mensile, che da tempo ha iniziato ad inviare alle sue «briciole».
Il 10 e 11 dicembre riceve la visita di don Edelwaisss, proveniente da Bologna, e a lui confida le sue paure, non dovute alla morte, che si avvicina, ma al dolore che la tormenta, alle forze che l'abbandonano, e, soprattutto, al non poter sentire più Dio come Padre, che mi ama, che mi è vicino, mi sembra di aver sciupato la vita... sono povera ed ho paura. Non riesco ad abbandonarmi a Lui, non lo vedo, non lo sento... forse prego poco... prego solo col mio corpo malato...
Il 12 dicembre riesce a riportare sul suo diario i benefici ricevuti dalla presenza di don Edelwaiss, che le ha fatto pensare «a quanto più grande, misericordioso, tenero, affettuoso è il Cuore di Gesù», al quale, quali ultime parole scrive:
Il mio atto di confidenza di stasera prendilo anche per quando mi ribello e non credo, Signore Il 27 dicembre alle ore 11,00 spira tra dolori atroci, ma sempre, tra l'invocazione del nome di Dio e della «Mamma mia, mamma mia», con parole di rassegnazione e di totale abbandono nelle loro braccia.
Il 28 dicembre si svolgono i funerali nella sua parrocchia di San Giacomo e, come aveva detto e scritto, viene seppellita nella nuda terra del cimitero di Loreto.
Il seme continua a germogliare tra le sue «briciole» attraverso i convegni annuali tra Loreto e Roma e con i pellegrinaggi a Lourdes nell'ambito dell'UNITALSI, durante i quali sono recitate anche sue preghiere, come la sua Via Crucis, in quest'anno dedicato alla Misericordia.
Continuano, altresì, incontri delle «briciole» specialmente in Puglia (Andria) e in Liguria (Genova). Per il Natale e la Pasqua si invia la Lettera, con un pensiero religioso, con uno scritto di Carla, con notizie delle attività di ogni Regione e con il programma degli incontri. C'è un sito internet, già istituito da Carla, dove ogni mese scriveva la Lettera e le varie notizie, che ora è in fase di riorganizzazione.
L'Associazione è gestita da un Consiglio di amministrazione, composto dal presidente Sandro Trombini e dai consiglieri fra Samuele Casali, Angela Baldassare, Anna Galli, Carlotta Bandini, Loredana Cantarini, e Marta Rossi. Assistente spirituale è padre Alfredo Feretti OMI.


Il biglietto per il Paradiso
Il biglietto per il Paradiso è un biglietto che si acquista perdendo.
E giunti lassù ci accorgeremo che:
chi meno ha, più sarà ricco;
chi è più odiato, sarà più amato;
chi è più dimenticato, sarà più ricordato;
chi è più semplice, sarà rivestito di sapienza;
chi è messo da parte, sarà privilegiato;
chi è all'ultimo posto, sarà messo al primo;
chi non ha ricchezze, avrà tutte le ricchezze di Dio;
chi ha un corpo malato, splenderà di gemme come le stelle del cielo;
chi non ha contato nulla, si accorgerà di aver salvato il mondo;
chi non ha cercato il suo onore, troverà la gloria;
chi non ha cercato che Dio, lo troverà;
chi è “solo” troverà tutto il Paradiso a fargli festa e compagnia.
Quante sorprese avremo lassù.


Loreto, 13/7/2012 (Anna e Carla)

Loreto, 13/7/2012 (Anna, Carla e Enzo)

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