QUASI a mezza strada fra Alberobello e la borgata Coreggia, spicca fra il verde delle vigne e degli uliveti un bianco, tipico palazzotto in forma di grosso poliedro rettangolare, sormontato, nel centro, da un cubo più piccolo. Era la casina di Don Pietro Martellotta, da lui stesso progettata, fatta costruire ed abitata; e nella medesima vi trovò tragica morte.
Egli era figlio del benestante ed evoluto agricoltore Francesco, discendente da antica famiglia Alberobellese. Era nato però il Nostro nella masseria Le Grotte, in quel di Mottola, appartenente a Riccardo Di Sangro, Duca di Martina e tenuta in fitto da suo padre, il quale godeva la stima del Duca ed era anche l'amministratore fiduciario di altre proprietà di questi. Il giovanotto Pietro aveva frequentato, per qualche anno, il Seminario di Taranto, poi era passato in quello di Conversano, dove, presto distintosi per intelligenza, veniva nominato Prefetto d'ordine dal Vescovo Mucedola ammirato di lui. Completati gli studi, fu da questi consacrato sacerdote, nel 1854.
Per le insistenze del Duca, che voleva concorrere anche nella spesa occorrente, il padre lo mandò a proseguire gli studi in Napoli, dove si addottorò in Utroque Jure, nel 1858 - il secondo in Alberobello dopo D. Modesto Colucci. Al suo ritorno, il Duca, avendolo in grande considerazione, gli affidò l'educazione e l'istruzione di suo figlio Riccardo, per il quale il giovane sacerdote fu un avo zelante ed affettuoso. Sventuratamente questo giovine mori, alcuni anni dopo, per infortunio di arma da fuoco, nella sua tenuta di San Basilio.
Volle, dipoi, andare a Roma, per vivere negli ambienti intellettuali più indicati agli studi di filologia e di esegèsi nei quali si sentiva versato e per scrivere una sua vagheggiata, poderosa opera biblica, in parecchi volumi, di cui purtroppo, solo il primo, potè pubblicare. In quello stesso tempo collaborò a riviste di alta cultura di Roma e di Napoli, con scritti di cui si è perduto titolo e traccia. Intanto l'eccessivo e difficile studio, l'elevata e nel contempo ambigua società da lui frequentata, e altre cause poco note - forse anche passionali - gli causarono uno squilìbrio mentale, che lo tormentò per circa dieci anni, facendogli abbandonare ogni lavoro intellettuale e lo stesso abito talare.
Per curarsi del suo male, si recò a Napoli, Roma e perfino a Ginevra, dove rimase per parecchi mesi, per consultarvi dei medici specialisti e sottoporsi alle loro cure.
Infine, ritornato guarito in Alberobello, si costruì nella sua campagna la casina predetta, dove condusse vita ritirata, dando ai suoi concittadini quando richiesto, consigli gratuiti giuridici e di varia coltura, di cui era ampiamente adorno. In quel tempo, fece delle importanti traduzioni dal Latino e dal Francese, che ben conosceva. Per parecchi anni ricopri delle cariche pubbliche in varie amministrazioni comunali, come Assessore dell'Istruzione e fu anche benemerito Soprintendente scolastico del mandamento Noci-Alberobello. Bazzecole! A ben più alte cariche poteva adempire la sua mente superiore!
Vivendo solingo ed essendo avanzato negli anni, fece un inatteso testamento, col quale assegnava al Duca di Sangro tutto quanto possedeva, ritenendo essere provenuta da costui la fortuna del padre, poi divenuta sua, ed essere doveroso che a lui ritornasse. Talché anche la sua ben piena biblioteca, contenente tutti i suoi lavori editi e inediti, passò al Duca, il quale la trasportò a Martina Franca e indi a Roma, dove se ne sono perdute le tracce.
Nella nevosa notte del 6 del triste dicembre 1908, l'infelice D.Pietro fu colto dalla morte, mentre era seduto accanto al focolare, sul quale cadde riverso, sulla brace e nella cenere. Ivi rimase fino all'indomani, quando dai coloni fu scoperta la sua pietosa fine.

BIBLIOGRAFIA.

«Introduzione scientifica allo studio della Sacra Scrittura». Opera dedicata al Clero Italiano. Vol.I : Protologia Biblica. Pp. 112. Grana 50.
Tipografia all'Insegna del Diogene; Strada fuori Porta Medina a Montesanto, n. 27-29 - Napoli. Anno 1861.

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