ERA nato dagli agiati massari Giovanni e Angela D'Errico, i quali meditavano fare di lui un agricoltore, ma i suoi zii paterni Giuseppe, celibe, Maria e Carolina, nubili, insistevano per farne un prete - professione molto apprezzata ed onorifica in quei tempi -, impegnandosi a sostenere le spese degli studi. Pertanto frequentò il Ginnasio e Liceo del Seminario di Conversano, sotto il rettorato di Mons. Morea, suo padrino di cresima.
Per lettera dimissoria del Vescovo Mons. Casimiro Gennari fu ordinato sacerdote dall'Arcivescovo Mazzella, in Bari, nel 1888. Indi studiò e si addottorò in Sacra Teologia, in Roma, divenendo il primo alberobellese che conseguisse quel titolo.
Al ritorno in Puglia, gli fu offerta la cattedra di quella facoltà dal seminario da lui frequentato, ma la ricusò, preferendo la carica di Pro-Parroco nella sua Alberobello. Per ben 15 anni egli tenne quell'ufficio, distinguendovisi per zelo, diligenza e amore di apostolato fra i parrocchiani.
Nel 1905, fu nominato Arciprete-Curato di Conversano, dove seppe disimpegnare il suo ministero con solerzia e passione, acquistandosi l'affetto di quella popolazione.
Nel 1915, sotto gli auspici di S. Em. il Cardinale Gennari, fu elevato agli onori episcopali di Larino (Abruzzi), ove si distinse per opere di pietà e carità evangeliche veramente esemplari. Ma il clima severo di quella località era sì nocivo al suo artritismo, da costringerlo a chiedere il trasferimento in una sede più adatta alla sua salute e, nel 1924, fu destinato al vescovado di Ugento nel Salento.
Ivi, praticando opere di bene spirituale e materiale, seppe ugualmente conquistarsi l'affettuosa devozione dei suoi diocesani. Però il suo male, anzicchè scemare si aggravava, impedendogli di operare l'apostolato così come il suo fervido zelo lo intendeva e decise di domandare alla S. Sede di essere esonorato dall'Episcopato, meditando di abbandonare il mondo per rinchiudersi nell'Eremitaggio di Camaldoli (Arezzo) e di realizzare l'aspirazione di solitudine, contemplazione e preghiera che l'aveva sempre accompagnato nella vita. La sua domanda fu accolta e si ebbe anche il titolo onorifico di Vescovo di Dionisiade. Nel giugno 1933, dopo aver rivolto al clero ed al popolo una commossa lettera pastorale intitolata «L'addio supremo», entrò nel sacro Eremo camaldolese, accompagnato dal rincrescimento e dalla perenne gratitudine dei suoi diocesani.
La nuova residenza sull'Appennino, a m. 1110 di altitudine, dove per molti mesi dell'anno fiocca la neve e si trema dal freddo; i rigori e le durezze della regola monastica, le privazioni di ogni genere; la mancanza di cure e conforto peggiorarono talmente il suo fisico, da renderlo permanentemente degente; talché il Padre Priore fu costretto a consigliare i famigliari dell'infermo di venire a rilevarlo, non permettendogli la sua salute di sopportare la regola e il clima.
Ritornò egli, nell'ottobre 1933, nella natìa Alberobello, dove visse in casa del fratello Giuseppe, beneamato ed altamente stimato, fino al 22 die. 1942, quando fu spento da atroce male sopportato per sei mesi con cristiana rassegnazione e quasi con compiacenza, per amore di Dio. Nella memoria dei suoi concittadini, come in quella dei suoi ex diocesani, resterà incancellabile il suo ricordo di verace Pastor bonus.

BIBLIOGRAFIA.

1. - «Elogio funebre per Mons. D. Marea», letto in Alberobello 21 luglio 1902. Inedito.
2. - «Lettera Pastorale dell'Epifania 1916». Tip. Nicola Morrone, Larino. Pp. 8.
3. - «Elogio funebre per Mons. Antonio Lamberti, Vescovo di Conversano». 1917. Inedito.
4. - «Dopo la I visita pastorale». Lettera per la Quaresima del 1917. Tip. Nicola Morrone, Larino, 1917. Pp. 20.
5. - «Crociata di Carità». Lettera Pastorale in cui si presenta «La Sacra Scrittura. Psicologia, Commento e Meditazione del Sac. Dain Cohenell». Tip. Gabriele Cacace, Vico S. Giuseppe alla Corsea, 22, Napoli. Ugento, 1931. Pp. 32.
6. - «L'addio supremo». Lettera Pastorale 8 dicembre 1932. Tip. Floridiana, Via F.sco Sav. Correra, 243, Napoli. Ugento 1932. Pp. 12.

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